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Dal 23 al 25 maggio a Roma ventitrè delegati delle maggiori organizzazioni della società civile afgana incontreranno le istituzioni italiane, insieme ad organizzazioni italiane ed europee, per confrontarsi sulle strategie comuni di rafforzamento della loro partecipazione attiva alla costruzione della democrazia, della pace e del dialogo civile nel proprio Paese.
La conferenza internazionale di Roma è l’ultimo passo di un programma promosso dalla Rete italiana Afgana.org, un ampio raggruppamento di associazioni, ong, realtà sociali e culturali, accademici, ricercatori, operatori dei media: ad essa aderisce anche l’Arci. L’iniziativa è sostenuta dal Parlamento e dal Ministero Affari Esteri italiano.
Il 23 gli ospiti afgani e le ong e realtà partner del progetto parteciperanno ad una sessione più ‘interna’ di scambio diretto di informazioni e conoscenze sulle reciproche esperienze e mission nel campo della promozione sociale e della cittadinanza attiva, facendo anche una prima valutazione sull’evoluzione futura di questa iniziativa. Nei due giorni di conferenza pubblica, che si svolgerà presso il CNEL, in via David Lubin, 2, saranno presentate direttamente dagli attori sociali afgani le proprie esperienze di questi anni difficili come operatori di pace e per il dialogo, le difficoltà incontrate e gli indirizzi futuri di lavoro in questa direzione; sono previsti anche importanti contributi da parte di istituzioni nazionali ed internazionali attive, direttamente o indirettamente, nel processo di ricostruzione in Afghanistan. E’ confermata la presenza di molte esperienze italiane ed europee attive nel percorso di cooperazione per la ricostruzione e la pacificazione in quel Paese, ma anche nell’intera area che va dall’Asia al Medioriente in guerra.
Questo evento riveste particolare importanza oggi con l’attualità delle proteste civili in Siria e Yemen, Paesi ‘di confine’per le due aree regionali citate, che accompagnano i percorsi in atto in Egitto e Tunisia. L’esperienza positiva di Afgana.org è sicuramente di stimolo anche per proporre una sua ‘estensione’ alle realtà del vicino Medioriente e del Mediterraneo che stanno vivendo una nuova ‘primavera’ democratica .
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