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Paesi di intervento
Articolo di Giorgia Grifoni
Tratto da Nena-News
Roma, 17 maggio 2012, Nena News – E’ di dodici morti e circa cento feriti il bilancio degli scontri che da sabato scorso insanguinano Tripoli, nel nord del Libano. L’ultima vittima è un ragazzino di 13 anni, Abdel Rahim Mohammad Hamad, colpito nel fuoco incrociato tra due quartieri: Bab el-Tabbaneh – a maggioranza sunnita – e Jabal Mohsen, roccaforte degli alawiti nella seconda città più popolosa del Paese. L’esercito, intervenuto ieri per placare gli scontri e stabilizzare la situazione, questa mattina era riuscito a imporre una tregua che è saltata però prima di mezzogiorno. Per colpa di chi, è difficile dirlo.
IL QUADRO. E’ una guerra civile a intermittenza, quella che nel nord libanese va avanti da quasi quarant’anni. Con il resto del Paese relativamente pacificato – gli ultimi scontri a Beirut si sono registrati a maggio del 2008, quando la crisi di governo aveva raggiunto il suo diciottesimo mese e due giorni di vera e propria guerra civile avevano sancito la vittoria di Hezbollah sul Future Movement di Hariri – rimane solo il ribelle nord da domare. Storicamente ed economicamente più vicina a Damasco che a Beirut, la regione di Tripoli risente pesantemente del conflitto siriano: è qui che è concentrata la minoranza alawita del Paese dei cedri, 120.000 persone di cui circa 60.000 solo a Jabal Mohsen, quartiere a nord di Tripoli.
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