30Luglio2012 Un caro saluto ad Alberto, Andrea e Sandro

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Arcs si stringe attorno al dolore delle famiglie e degli amici di Alberto Tridente, Andrea Amaro e Sandro Guglia, attivisti dei diritti civili in Italia e nel mondo da poco scomparsi.

Alberto Tridente
E’ stato uno  storico sindacalista della Fim-Cisl di Torino, che ha guidato dal 1968 al 1973. È stato nella segreteria nazionale Fim e poi Flm. Alberto aveva seguito e sviluppato moltissimo sia i rapporti internazionali – in particolare con l’America Latina e il Brasile – sia la battaglia per la riconversione dell’industria delle armi, in anni in cui la battaglia sul cosa, come, dove e per chi produrre era un dibattito di massa. Nel 1984 è stato eletto consigliere regionale in Piemonte e nel 1989 parlamentare europeo nelle liste di Dp. Alberto aveva compiuto 80 anni il 29 giugno scorso, era malato da tempo. (da Il manifesto)

Andrea Amaro
Tratto da Cgil.it
Quando si ricordano gli amici e i compagni che ci hanno lasciato, è molto raro sentir dire le stesse cose da persone diverse. In questo caso, però, quasi tutti quelli che ricordano Andrea lo descrivono con gli stessi tratti del carattere: l’ironia, la serietà nell’impegno politico, il suo essere al tempo stesso tagliente e lieve, la sua generosità. E non è neppure un caso leggere i tanti ricordi di chi lo ha conosciuto solo in anni recenti nel suo ultimo impegno per gli italiani all’estero. Ironia, impegno, generosità questi i tratti del carattere di Andrea Amaro, (Bologna 1943), dirigente della CGIL dal 1962, deceduto a Roma mercoledì 25 luglio, che anche il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso ha voluto ricordare questa mattina durante il saluto della CGIL nella sede del sindacato della Funzione pubblica in via Leopoldo Serra.
Per tutti gli incarichi che gli sono stati affidati, Andrea Amaro ha cercato sempre di dare il massimo, ha ricordato Susanna Camusso. Da quanto era nella FIOM e poi nella Camera del lavoro di Bologna, agli incarichi di direzione di importanti categorie nazionali della CGIL, gli alimentaristi, gli elettrici, il sindacato dell’energia. E poi ancora in Confederazione, a Roma, dove Amaro è stato presidente di Progetto Sviluppo, l’istituto che si occupa di cooperazione internazionale e infine nel Consiglio generale degli italiani all’estero (CGIE), come componente di nomina governativa della CGIL.
Andrea Amaro, ha detto Susanna Camusso, non aveva però solo le doti del dirigente sindacale. Era sempre attento alla politica, alle tendenze culturali più generali e aveva una grandissima considerazione delle relazioni umane e della cultura. A chi – come tanti di noi – è toccato di lasciare la propria città per venire e lavorare a Roma, ha detto Susanna Camusso, Andrea consigliava di gustarsi le tante bellezze culturali della capitale, i quadri, i monumenti, non si risparmiava mai in consigli e suggerimenti per gli amici. E non è stato neppure un caso che questa mattina, a concludere la lieve cerimonia funebre, sia stata una poesia di Caproni sull’amicizia e il nostro passare effimero in questa vita letta a nome dei famigliari. E’ bello essere stato con voi, con gli amici, a condividere chiacchierate serene.
“Ho avuto la fortuna, il privilegio e il piacere di lavorare con Andrea in questi anni al dipartimento internazionale – ha detto Leopoldo Tartaglia – Andrea incuteva il grande rispetto di un importante dirigente “storico” della CGIL, che ha ricoperto così tanti incarichi di responsabilità, ma aveva, allo stesso tempo,  la preziosissima caratteristica di una grande grandissima umanità e di una squisita naturale gentilezza. E di quella sua ironia, con la quale era in grado di sdrammatizzare tutto, di dire, a volte, anche cose spiacevoli, ma in un modo che ti faceva sorridere. Ed era anche un’autoironia, un modo di prendere in maniera “scanzonata” anche le cose più serie, anche la vita stessa”. Una ironia, ci ricorda sempre Tartaglia che si può perfino definire con una immagine. “Non so se la sua formidabile collezione di fischietti e ocarine – ne aveva raccolte in ogni suo viaggio e chiedeva sempre a tutti – ovunque andassero di portargliene una….. possa anche un po’ rappresentare questo suo modo di essere”.
“Il mio rapporto con Andrea durava da più di mezzo secolo – ha detto invece Alfiero Grandi, ex dirigente CGIL e sottosegretario dei governi di centrosinistra –  ci siamo conosciuti quando eravamo studenti medi, già impegnati politicamente, responsabili di 2 organizzazioni giovanili del centro storico di Bologna. Lui dei giovani socialisti e io dei giovani comunisti. Le differenze erano più di nome. Di fatto non c’erano reali differenze politiche tra noi, del resto militava nell’area di Lelio Basso. Anzi Andrea era probabilmente più movimentista e a sinistra di me. In seguito Andrea ha partecipato alla formazione del PSIUP. Più tardi ci siamo ritrovati insieme nel PCI. In realtà l’esperienza principale di Andrea  è stata nella CGIL, dove è entrato giovanissimo e di cui è diventato presto un dirigente affermato”. Grandi ha voluto ricordare, di Amaro, tra le tante altre cose il “fortissimo sentimento di classe. Gli sfruttati, gli ultimi erano il suo punto di riferimento. Su questo non ha mai cambiato parere. Erano – senza tentennamenti – quelli da difendere, anche con ironia e senza negarne le debolezze, ma sempre per farne crescere le capacità di affermazione, la dignità personale e collettiva”.
Ci mancherà il suo sorriso, la sua intelligenza acuta, la sua passione disincantata.

Sandro Guiglia
Solo pochi mesi fa avevamo salutato Maria Teresa Battaglino, morta in un incidente stradale, e ci eravamo stretti intorno a suo marito, Sandro Guiglia, anche lui amico, socio e collaboratore da anni del COSPE, che da quell’incidente era uscito ferito ma vivo. Purtroppo però anche Sandro ci ha lasciato. Era ritornato solo pochi giorni fa dalla Tunisia dove aveva partecipato per il COSPE alla preparazione del Forum sociale mondiale insieme ad un altro nostro collega. Sandro ci teneva molto a questo viaggio e noi ci tenevamo a riavere/riascoltare la sua voce tra noi. Le primavere arabe lo avevano sorpreso come tutti noi: solo un anno e mezzo fa era impensabile in Tunisia un appuntamento così importante per i forum sociali.
Per lui il Mediterraneo e soprattutto i paesi della sponda sud rappresentavano da tempo un’area piene di sfide e per anni si è dedicato con dedizione a tessere reti, creare connessioni, promuovere progetti nella convinzione che le contraddizioni di questi paesi erano in parte anche le nostre ed erano interconnesse e dunque ci riguardavano. Il Mediterraneo, culla delle più importanti culture classiche, luogo di scambio e intermediazione tra diversi saperi, lingue, religioni, arti e modelli di civiltà, che hanno consentito la diffusione di una comune cultura mediterranea a cui tutti e tutte apparteniamo. Il Mediterraneo però anche luogo storico di guerre e conflitti, processi di colonizzazione e post-colonialismi esercitati dagli stati europei verso la sponda sud ed est: quale possibile futuro comune? Sandro non si stancava mai di dire che occorreva sovvertire in maniera sostanziale questi processi e guardare al Mediterraneo come ad uno spazio unico, omogeneo; il Mediterraneo come luogo politico e sociale omogeneo, in cui tutti i popoli possano sentirsi coinvolti allo stesso modo nel dare una risposta compatta ai processi omologanti della globalizzazione e all’ideologia imperante del neoliberismo; il Mediterraneo come uno spazio politico di confronto tra Nord e Sud, un luogo per la costruzione della pace e della conoscenza reciproca, per frenare i fondamentalismi religiosi da una parte e quelli economici e politici, dominanti invece nell’Occidente capitalistico. Ma il suo appello non era solo ideologico. Per anni aveva lavorato in Algeria a fianco del movimento delle donne durante il periodo difficile del terrorismo degli anni ‘90. E il movimento politico delle donne in Algeria, che il COSPE aveva deciso di sostenere, considerava Sandro un interlocutore importante, un interlocutore rispettoso, intelligente, dalla loro parte. In quegli anni Sandro andava e veniva dall’Algeria portando ogni volta notizie, sollecitazioni, nuove domande. Ci chiedeva ogni volta di porre come priorità del nostro lavoro nel Mediterraneo i diritti e in particolare i diritti delle donne. I diritti delle donne come una cartina tornasole di tutte le violazioni. Partire da lì per toccare il nodo vivo delle ingiustizie, facendo leva e stando comunque dalla parte dei movimenti politici delle donne. O dei movimenti sindacali, tiepidi e oppressi nei diversi paesi arabi prima delle primavere arabe ma comunque vivi. Sapeva Sandro che quello che ci proponeva non era facile, era un po’ come stare continuamente in trincea, su un bordo instabile di una frontiera scoscesa. Ma in fondo quale è il senso del nostro lavoro se non questo? Ce lo ricordava sempre, a volte anche infastidito da alcune nostre perplessità, paure, forse tentazioni del progetto facile. ‘Occorre avere una visione politica e piegare un progetto a quella visione politica e su quella visione portare le istituzioni che si occupano di cooperazione’.

Mi sembra di vederlo ancora con i suoi tanti capelli bianchi e folti, la sua sigaretta accesa e un bicchiere di vino chiedere: ‘Raccontami, come va in Albania, in Marocco, in Tunisia, in Egitto,…? Come va?’ E poi ascoltare con calma, a lungo, commentare e ridarti la parola. Democraticamente. Per lui non era solo uno slogan. Era uno stile di vita, una modalità di stare al mondo. Nel privato come nel pubblico. Pubblicamente. Non era stato facile per lui dare l’addio a Maria Teresa eppure nel giorno del suo funerale aveva preso la parola ‘pubblicamente’ e parlando di lei, parlò a tutti noi, di una storia di impegno comune, di un cammino che avevano fatto insieme lungo e difficile ma in nome sempre di un cambiamento possibile e visionario al tempo stesso e dell’impegno per questo. Che forse alla fine aveva avuto ragione lei, Maria Teresa, che le cose cambiano solo se si parte dal micro, dalle relazioni, da un tessere incessante che a volte può sembrare poco incisivo ma che invece nel tempo modifica davvero e che la ‘visione’ da sola non basta, che l’idea da sola non basta. Eppure a noi quella sua visione e quel suo ricordarci continuamente che senza visione non c’è progettualità che modifica ma solo tecnicismo di sopravvivenza, ci manca già.
Quando scrivemmo in ricordo di Maria Teresa, dicemmo che ci sentivamo più soli e sole. Adesso forse possiamo davvero scrivere che ci sentiamo orfani. Orfani di una storia, di un messaggio, di una visione che camminava insieme a loro, Maria Teresa e Sandro, così diversi e indipendenti e così insieme. Ma senza nostalgia di un tempo passato, Sandro amava i giovani, e i tanti giovani del Cospe. Con alcuni di loro nel tempo aveva stretto delle amicizie e delle collaborazioni. Ne parlava sempre con grande affetto e curiosità. Come uno sguardo verso il futuro. Come una rassicurazione che le belle storie non finiscono mai, che rimangono comunque patrimonio di chi le ha anche solo guardate da fuori e che lo sguardo deve andare sempre in avanti, verso il cambiamento, quello possibile e quello visionario, come due mani che si intrecciano.
di Debora Angeli, amica e collaboratrice di Sandro Guiglia.

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