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La brutale offensiva contro la Striscia di Gaza non è nulla di nuovo, né separato dal contesto. I mesi precedenti sono stati il teatro dei tentativi israeliani di uscire, nel modo più “pulito” possibile, da un processo di pace fittizio, fondato su condizioni inaccettabili per il popolo palestinese (nessun riferimento ai profughi palestinesi, allo status di Gerusalemme, ai prigionieri politici, ai confini) e sulla selvaggia continuazione del processo coloniale contro Cisgiordania e Gerusalemme.
Un ostacolo al progetto sionista, il “negoziato”, a cui si è aggiunta la doccia fredda del governo di unità nazionale tra Hamas e Fatah, dopo sette anni di rottura. Il nuovo esecutivo è stato accolto con favore dall’amministrazione di Washington e dall’Unione Europea, provocando un terremoto interno al governo israeliano e ai tentativi di delegittimare la riconciliazione palestinese per la presenza del nemico Hamas.
Il resto è cronaca. Il rapimento e l’uccisione dei tre coloni, la propaganda israeliana e la durissima campagna militare contro la Cisgiordania, la reazione razzista e violenta di gruppi di israeliani, l’omicidio del piccolo Mohammed Abu Khdeir. Fino all’attacco contro Gaza.
L’operazione – si legge in molti media israeliani – era in realtà pianificata da tempo, nell’obiettivo di spazzare via il movimento islamista e rompere definitivamente la difficile unità con Fatah. All’ANP e al presidente Abbas è stato mandato un messaggio chiaro: nessun accordo con Hamas, o ne pagherete le conseguenze. Da parte sua Hamas non ha alcuna intenzione di abbandonare il processo di riconciliazione a causa della profonda crisi interna che sta vivendo e dell’isolamento subito a livello regionale dopo il crollo dei Fratelli Musulmani in Egitto. L’ANP tentenna, indecisa tra il piegarsi ancora una volta alle pressioni israeliane o il tentare di salvare il poco consenso nazionale rimastogli tra le mani.
Il prezzo degli equilibri di potere interni, delle tattiche israeliane e del silenzio colpevole del mondo arabo è ancora una volta pagato da una popolazione prigioniera. Gaza piange oltre 170 vittime, tanti bambini. Case distrutte, ospedali sotto attacco. Il mondo resta a guardare.
13 luglio 2014
Chiara Cruciati
Caporedattrice di Nena News
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