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Forse la lezione più evidente che si può trarre dall`ultima fiammata di violenza tra israeliani e palestinesi è quanto poco ci voglia per innescare una conflagrazione quando l’umore prevalente è la disperazione e come le azioni di pochi possano costare la vita di molti quando i leader sono guidati dai valori ormai logori dell`onore e della deterrenza.
Questo vortice distruttivo è iniziato quando due palestinesi, identificati come membri di una cellula impazzita di Hamas, hanno rapito e ucciso tre ragazzi israeliani in Cisgiordania. Anche se il governo sapeva che i tre autostoppisti erano stati uccisi con dei colpi di pistola praticamente subito, con il pretesto di cercare di salvarli, il governo israeliano ha sfruttato l’accaduto allo scopo di arrestare circa 400 persone che vivevano in Cisgiordania ma che avevano legami con Hamas, provocando in questo modo essenzialmente azioni di rappresaglia da parte di militanti nella Striscia di Gaza controllata da Hamas.
Dopo che i corpi dei ragazzi sono stati ritrovati, estremisti israeliani, incitati da tali eventi, sono imperversati nel centro di Gerusalemme Ovest cantando “Death to the Arabs”. Nel giro di poche ore, tre di loro hanno effettuato, come forma di vendetta, il sequestro e il raccapricciante omicidio di un adolescente palestinese di Gerusalemme Est, provocando disordini tra giovani palestinesi furibondi in quella parte della città, durati alcuni giorni.
Troppo presto, c’è stato un fuoco incrociato tra Israele e Hamas a Gaza con bombardamenti che hanno oltrepassato i confini per la terza volta a partire dal 2008. Ambo le parti erano determinare a “insegnare all’altra una lezione” e ciascuno è stato sostanzialmente mosso dagli elementi più estremisti dei reciproci campi. Per la prima volta, centinaia di razzi di Hamas sono stati lanciati su centri abitati in tutta la zona centrale di Israele, tra cui Tel Aviv e Gerusalemme. Il sistema anti-missili israeliano si è dimostrato così efficace che, dopo una settimana di fuoco, un totale di tre civili ha riportato gravi ferite. A Gaza, invece, circa 180 civili inermi sono stati uccisi dalle bombe israeliane che miravano a colpire militanti, razzi e lanciarazzi nascosti in zone residenziali.
Ciò che è sempre più evidente da questi attacchi e da queste ostilità sono l’assoluta inutilità e lo spreco di vite e risorse che comportano. Hamas si è fatto del male da solo sfidando la molto più potente Israele, con la conseguente pioggia di morte e distruzione su Gaza. Israele ancora una volta ha rischiato la condanna internazionale a causa del pesante tributo che le sue armi impongono inevitabilmente sui civili palestinesi. Alla fine, le parti si accorderanno per un cessate il fuoco con un unico “risultato” che deriverà dai loro sforzi: rafforzare il muro di inimicizia che renderà più difficile che mai risolvere il conflitto tra di loro.
E intanto, la soffocante occupazione va avanti.
14 luglio 2014
Ina Friedman
Ina Friedman è membro dell`ONG israeliana Machsom Watch: Women Against the Occupation and for Human Rights.
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