
11
Paesi di intervento
Israele/Palestina, 13 luglio – Gazawi feriti, mutilati, umiliati e uccisi; ospedali al collasso; abitazioni, acquedotti, scuole e orfanotrofi rasi al suolo sotto tonnellate di piombo. Queste sono le immagini che si stagliano di fronte lo sguardo di un’umanità assuefatta e di una società civile, quella israeliana, cieca e complice.
Gaza è una striscia di terra che si stende tra Egitto e Israele lunga 40 km e larga 10. Nonostante la sua estensione territoriale equivalga a non più di un terzo della città di Roma al suo interno abitano circa un milione e settecentomila persone[i]rendendola una delle regioni più densamente popolate del pianeta. Dal 7 luglio l’intera area è sotto attacco e la sua popolazione senza via di fuga. Israele sta dispiegando il suo potente assetto militare con truppe di aria e mare e non intende arrestare il massacro.
I razzi, lanciati in risposta da Gaza, solo di rado riescono a oltrepassare il lungo muro che la cinge poiché vengono immediatamente intercettati e disinnescati dall`Iron Dome. Ciò nonostante, gli israeliani vivono in uno stato di terrore perpetuo.
La paura è il cibo con il quale Israele nutre i suoi figli instillando in loro l’ansia dell’annullamento e presentando un’immagine del popolo palestinese che, nella migliore delle ipotesi, risulta essere distorta.
L’uso politico della paura, brandita come arma, attraverso l’opera di mistificazione della verità e di contraffazione della realtà racchiude in sé l’intento di allertare e dissuadere la gente da scelte personali, incompatibili con le strategie perverse del potere. La creazione dell’israeliano esemplare inizia sin dall’infanzia attraverso un sistema educativo che soffoca ogni possibilità di sviluppo del pensiero critico.
Nurit Peled–Elhanan, ricercatrice e docente israeliana presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, ha condotto per cinque anni uno studio che analizza alcuni libri di testo scolastici utilizzati nelle scuole elementari.
“Il primo principio da rispettare – spiega Nurit – è quello storico del diritto alla terra, il secondo quello del sionismo e il terzo quello dell’antisemitismo: ciascun essere umano non ebreo può essere potenzialmente un nuovo Hitler.”
Nonostante il serrato indottrinamento, si sono sviluppati negli anni movimenti israeliani antisionisti che collaborano congiuntamente ad alcune associazioni palestinesi ma costituiscono solo una ristretta e inascoltata minoranza.
La maggioranza dell’opinione pubblica israeliana e’ immobilizzata in un “cristallo di massa”[ii]che lo induce a condividere il pensiero per assuefazione, emulazione e deresponsabilizzazione raggiungendo il suo culmine nella legittimazione di un massacro.
Il risveglio delle coscienze e una ritrovata umanità dentro e fuori i confini di quest’area martoriata resta dunque un passaggio imprescindibile affinché azioni di terrore indiscriminato come quelle che la popolazione di Gaza sta subendo da giorni scaturiscano sdegno e una ferma opposizione.
Paesi di intervento
Progetti
Operatori locali