11
Paesi di intervento
di Nino Sergi, Presidente di INTERSOS su Repubblica.it
È una vera riforma, la nuova legge sulla Cooperazione internazionale per lo sviluppo. Importanti le innovazioni rispetto alla precedente legge del 1987, ventisette anni fa. È stata pensata per inserirsi al meglio nella complessità odierna del sistema internazionale ed europeo. Per responsabilizzare e valorizzare tutti i soggetti, pubblici e privati, che intendono impegnarsi in questa parte qualificante della politica estera, come recita il primo articolo. Per cercare di assicurare la coerenza delle politiche ai fini della lotta alla povertà e dello sviluppo sostenibile. Per costruire rapporti di partenariato e di mutuo interesse, nel reciproco rispetto tra paesi e comunità. Per garantire maggiore efficacia alla pluralità delle iniziative italiane, nazionali e territoriali. Per accrescere e qualificare il ruolo dell’Italia nel mondo.
Il ruolo del nostro Paese. Un paese come il nostro, al centro del Mediterraneo e contiguo all’Africa e al Medio Oriente, deve saper esprimere, al meglio, politiche e rapporti di cooperazione. Nel mondo globalizzato i confini geopolitici e quelli della povertà hanno assunto spazi e significati nuovi e caratteri temporali mutevoli. La cooperazione li fa propri, in una visione di aiuto, se e finché necessario, e insieme di mutuo interesse e beneficio, per costruire, congiuntamente, sviluppo e crescita sostenibili e condizioni per garantire la pace.
Modifiche che migliorative. Il Senato ha approvata il testo il 25 giugno. La Commissione Esteri della Camera l’ha fatto il 10 luglio, apportando alcune modifiche migliorative. L’Aula è chiamata ora ad approvarlo. speriamo recependo alcune modifiche migliorative proposte dalle Ong e da altri soggetti sociali. Prima della sospensione estiva dei lavori parlamentari, dovrebbe quindi diventare Legge dello Stato. L’iter di riforma della legge è iniziato più di quindici anni fa, ed è giusto ricordare almeno alcuni tra i tanti protagonisti di questo cammino: Provera, Serri, D’Alema, Sentinelli, Riccardi, Mantica, Tonini, Pistelli, Mogherini e i presidenti del Consiglio dei relativi periodi.
Un salto di qualità, ecco perché. Le innovazioni introdotte dalla legge rappresentano un salto di qualità nella governance complessiva della cooperazione pubblica italiana allo sviluppo. Le principali sono:
L’apertura a tutti i soggetti interessati. La “nuova” Cooperazione allo sviluppo, pur con i necessari criteri selettivi, si apre quindi a tutti i soggetti interessati, nazionali e territoriali, pubblici e privati, non profit e profit, compresi il volontariato, il servizio civile, i giovani, riconoscendoli possibili protagonisti dello sviluppo, in stretto legame di partenariato con le corrispondenti realtà istituzionali, sociali, comunitarie, culturali, economiche e produttive nei paesi partner.
Non è solo questione di linguaggio. Anche per questo la Camera sta recependo la proposta delle Ong, di molte organizzazioni sociali e alcune forze politiche, di modificare “APS, aiuto pubblico allo sviluppo” in “CPS, cooperazione pubblica allo sviluppo”. Non è solo questione di linguaggio: è un salto culturale, che mette fine alla logica donatore-ricevente, puntando decisamente sul rapporto di cooperazione e partenariato; che deve certamente contemplare il dono, ogniqualvolta necessario e quando esigenze di giustizia e di pacifica convivenza lo richiedano, come le situazioni di povertà e indigenza o le crisi umanitarie, quando cioè il dono è esso stesso atto di giustizia, senza però limitarsi ad esso.
Ho seguito il cammino della riforma. L’ho sperata, l’ho attesa per diciassette anni. Insieme a tanti operatori e operatrici della cooperazione internazionale delle Ong e non solo. Fosse toccato a noi, avremmo scritto diversamente alcune parti del disegno di legge e esplicitato maggiormente le finalità che devono guidare l’azione di tutti. Ma una legge non è un manifesto politico e, schematicamente, esse risultano comunque ben chiari e definite. Possiamo considerare il testo di legge che sta uscendo dal Parlamento una buona legge, adeguata ai tempi e aperta al futuro, coinvolgente, rispettosa dei paesi e delle comunità partner con cui ci si relaziona nella comune finalità di sradicare la povertà e ridurre le disuguaglianze, intervenire per lo sviluppo sostenibile, in un visione di reciproco impegno e anche di mutuo beneficio, per l’affermazione dei diritti umani e della dignità di ogni persona, la convivenza, la prevenzione dei conflitti, la pace. Il Senato e la Camera hanno lavorato bene. Forse anche perché hanno prestato attenzione alle proposte proveniente dai vari attori, pubblici e privati, non profit e profit, della cooperazione internazionale allo sviluppo. Prossima tappa: il regolamento. Da seguire, nei sei mesi dopo l’entrata in vigore della legge.
Un seminario di confronto. Intanto, martedì 22 luglio le reti di Ong, AOI, CINI, LINK 2007, e l’Intergruppo parlamentare sulla Cooperazione allo sviluppo promuovono un seminario per mettere a confronto la nuova legge con l’esperienza di cooperazione allo sviluppo dell’Unione europea. Camera dei Deputati, Sala della Mercede, Via della Mercede 55, Roma. Ore 9 – 11. Per partecipare è necessario iscriversi qui .
Paesi di intervento
Progetti
Operatori locali