14Ottobre2014 Si tutelino i diritti di Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni detenuti in India da più di 4 anni

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copertina_bruno_boncompagniPubblichiamo l’ordine del giorno approvato dall’ultimo Consiglio nazionale dell’Arci sul caso di Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni

Il Consiglio nazionale dell’Arci
preso atto che
– siamo un’Associazione che da sempre si batte per la tutela ed il rispetto dei diritti umani e civili che non può essere insensibile ai casi in cui questi non sono tutelati.
– il 4 febbraio del 2010 Elisabetta e Tomaso rinvengono il loro amico Francesco Montis in stato di grave difficoltà respiratoria e allertano subito lo staff dell’albergo dove alloggiano. I soccorsi , purtroppo, si rivelano inutili e dopo poco l’arrivo in ospedale Francesco muore. Fin da subito i due giovani chiedono aiuto all’ambasciata italiana a New Delhi: la polizia prima li invita a non lasciare l’albergo e poi, il 7 febbraio 2010, li accusa di omicidio e li rinchiude in carcere dove tuttora si trovano. L’arresto e la condanna nei gradi di giudizio susseguiti fino ad oggi si basano su prove solamente presunte e su deduzioni affrettate, come il fatto che dormire in tre in una camera equivalga ad un triangolo dal quale è nato il litigio che ha portato all’omicidio. Ad aggravare la posizione degli accusati c’è anche l’ammissione di uso di droghe da parte degli stessi. Esperti di medicina legale e numerosi osservatori internazionali confermano che le sentenze sono assolutamente errate, utilizzano prove bizzarre e forzate e si fondano su una perizia post mortem totalmente fantasiosa fatta da un medico oculista: un perito che, successivamente, non sa dare spiegazioni alle sue conclusioni e cioè da dove ricavi la deduzione che la morte sia avvenuta per asfissia da strangolamento e non per cause naturali.
Appurato che
L’intero processo è stato viziato da pregiudizi; realizzato con garanzie processuali praticamente inesistenti, celebrato, senza traduzione, in parte in lingua Indi ed in parte in lingua Inglese; senza alcuna considerazione delle testimonianze dei famigliari del defunto Francesco in merito ad una malattia congenita che potrebbe aver contribuito al soffocamento; senza alcuna possibilita di ripetere l’autopsia vista la cremazione del cadavere realizzata in base alle leggi indiane vigenti. Del resto, anche l’operato degli avvocati difensori non sembra immune da critiche visto che – ad esempio – l’ultima udienza del ricorso presso la Corte Suprema è stata rinviata proprio per la mancanza dei legali di parte.
Pertanto per quanto sopra esposto,
riteniamo che la nostra Associazione
– non possa accettare il “muro di gomma”, di silenzio ed omertà che circonda questa vicenda e che determina – di fatto – l’esistenza di due differenti categorie di detenuti italiani in India;
– non possa accettare la negazione al diritto di avere un giusto ed equo processo;
– non possa tollerare che i diritti di difesa e di garanzia siano stati e siano ancora oggi umiliati;
– non possa lasciare Tomaso, Elisabetta e le loro famiglie al loro destino senza prendere una posizione forte contro tale situazione;
Chiediamo
– di promuovere ogni iniziativa utile a rendere pubblica questa drammatica situazione;
– di promuovere e supportare iniziative nei confronti del Parlamento e del Governo Italiano per far chiarezza sui fatti e tutelare i diritti di Tomaso ed Elisabetta
– al Consiglio Nazionale Arci un impegno concreto per aiutare due nostri connazionali, Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni, che da più di quattro anni sono detenuti in India dove stanno scontando un ergastolo per omicidio.

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