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Paesi di intervento
di Federica Giannotta su huffingtonpost
Il 5 dicembre alcuni soldati israeliani hanno confiscato agli operatori di Terre des Hommes un cavo elettrico del valore di oltre 10.500 euro che era appena stato allacciato alla rete elettrica della comunità beduina di Zanba, in Cisgiordania. Il lavoro aveva come finalità il miglioramento dell’approvvigionamento di energia elettrica da parte della popolazione civile di un villaggio poverissimo, composto da 150 persone (il 70% minori) che vivono in baracche.
Attualmente la scarsa quantità di elettricità disponibile non consente loro di poter conservare in frigorifero i formaggi e lo yogurt prodotti con le capre che allevano (una delle poche fonti di sostentamento delle famiglie), così come di avere un’adeguata illuminazione nelle ore serali. Terre des Hommes ha da poco avviato un progetto per la creazione di un centro per i bambini, dove possano giocare e partecipare ad attività ludico-didattiche, doposcuola e altre attività di supporto psicosociale, in un villaggio che ne è completamente privo. La fornitura del cavo poneva le basi per l’allestimento del centro, i cui fondi sono stati donati dall’Utl (Unità Tecnica Locale) di Gerusalemme del Ministero degli affari esteri italiano.
La motivazione addotta per il sequestro del cavo è stata che è vietato potenziare l’accesso alla elettricità della comunità, la quale vive sotto la continua minaccia di trasferimento forzato da parte delle autorità israeliane, che in quell’area stanno pianificando l’estensione della colonia di Ma’ale Adumim. L’occupazione militare dell’area implica automaticamente l’applicazione di una serie di norme di diritto internazionale umanitario incluse in trattati internazionali quali i Regolamenti dell’Aia (1907) e le Convenzioni di Ginevra (1949), ratificata da Israele. In quanto potenza occupante, Israele è tenuta da questi trattati a provvedere ai beni, servizi e bisogni primari per la sussistenza della popolazione occupata.
Ciò riguarda derrate alimentari, acqua, medicinali ma anche luoghi di riparo, vestiario e la fornitura di gas ed elettricità. Qualora questa assistenza non fosse prestata, lo stato occupante ha l’obbligo di permettere la fornitura di tali aiuti umanitari ad opera di terzi (agenzie umanitarie, ecc..) e facilitare la loro fruizione in base a tutti i mezzi a sua disposizione.
Quanto avvenuto a Zanba contravviene dunque al diritto umanitario e nega alla popolazione l’accesso a una fornitura essenziale, privando oltretutto i bambini di alcuni dei loro diritti fondamentali. I figli delle famiglie beduine, infatti, non hanno mezzi per recarsi a scuola e devono percorrere ogni giorno un sentiero a piedi di oltre 2 km per frequentare le lezioni nel villaggio di Za’ayyem, dove esiste un’unica scuola pubblica. Le condizioni meteorologiche condizionano la loro frequenza, oltre a rendere loro impossibile partecipare a qualsiasi attività extra-scolastica.
Nei giorni di pioggia o di gran caldo, o durante l’inverno quando al mattino è ancora buio, i genitori non se la sentono di far affrontare ai bambini la lunga strada per la scuola; nella comunità non esiste alcun tipo di servizio; le risorse idriche sono del tutto insufficienti e spesso gli studenti non riescono a fare i compiti a causa della mancanza di corrente elettrica: una lampadina per ogni baracca è tutto quello su cui possono contare.
I nostri sforzi per migliorare la situazione di questi bambini sono stati resi vani, ma in queste ore ci stiamo rivolgendo alle autorità israeliane e internazionali per richiedere di essere rimborsati del danno procurato da questa operazione illegale e proseguire il nostro progetto. Vi terremo informati.
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