08Febbraio2017 ISRAELE. Approvata la “Legge sugli insediamenti”

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di Roberto Prinzi su nena-news

La “sanatoria” che legalizza retroattivamente circa 4.000 case costruite senza permesso su 800 ettari di terra palestinese (nota come Regulation Bill) è ormai legge: ieri sera la Knesset l’ha approvata con 60 voti a favore e 52 contrari. Al di là della legalizzazione di nuove unità abitative che vanno ad aggiungersi alle 6.000 già approvate nelle ultime due settimane, con questo provvedimento per la prima volta il parlamento israeliano impone di fatto ufficialmente la legge israeliana nell’area C della Cisgiordania (sotto il controllo civile e militare dello stato ebraico in base agli accordi di Oslo). Secondo alcuni analisti ciò costituirebbe il primo passo verso l’annessione di questo territorio ad Israele.

Una prospettiva, del resto, che non hanno affatto negato negli ultimi anni molti rappresentanti della coalizione governativa. Anzi. Soprattutto il partito di Casa Ebraica, vicino ai coloni e promotore della legge, non ha nascosto le sue intenzioni. “Questo è un passaggio storico per completare il processo che noi vogliamo portare avanti: l’applicazione della piena sovranità su tutte le città e le comunità della Giudea e Samaria [Cisgiordania, ndr]” ha detto il parlamentare Bezalel Smotrich. Il leader di Casa Ebraica nonché ministro dell’Educazione Naftali Bennet ha definito quanto accaduto ieri sera una “rivoluzione”. “La nostra determinazione ha ripagato” ha scritto sul suo account Twitter. Dopo mesi in cui non ha lesinato duri attacchi quotidiani al premier, Bennet ha poi voluto ringraziare Netanyahu per aver sostenuto senza troppi indugi il provvedimento.

Ma non è solo Casa Ebraica a cantare vittoria e a bramare future annessioni di territorio (palestinese). Poco prima del voto, infatti, era stato il ministro di Scienze, Tecnologia e spazio, Ofir Akunis del Likud (il partito del premier) a spiegare al plenum della Knesset il vero significato della legge. “Votiamo stasera per il nostro diritto alla terra. Votiamo stasera per il legame tra il popolo ebraico e la sua terra. Tutta questa terra è nostra. Tutta”.

Che nelle intenzioni del governo ci siano future annessioni di parti consistenti della Cisgiordania è chiaro anche all’opposizione israeliana che ha duramente criticato la disposizione per le conseguenze negative che avrà per Israele. “Questo voto non è se siamo o meno contro i coloni, ma è su cosa lo Stato d’Israele ha bisogno. Questo governo sta passando un provvedimento che è un grave pericolo per Israele. Questa legge rappresenta de facto un’annessione [di territorio]” ha gridato dagli scranni del parlamento il leader laburista Hertzog. “La nostra opposizione – ha poi aggiunto – deriva da qui. Abbiamo pochi minuti per fermare questo terribile treno prima che parta e si fermi all’Aia [il riferimento è alla Corte penale internazionale, ndr]”.

Akunis, però, ha provato a tranquillizzarlo escludendo qualunque possibilità di uno stato binazionale insieme cioè ad altra popolazione “araba”: “Non annetteremo territori con i palestinesi. Hanno il loro governo e possono votare per il loro parlamento”. Insomma, terra palestinese sì, ma non i suoi abitanti nativi.

Durante il voto della Regulation Bill non era presente in parlamento Netanyahu perché non ancora tornato dalla sua visita ufficiale a Londra. Bibi ha voluto mescolare le carte negli ultimi due giorni non dando punti di riferimento alla stampa e ai suoi avversari politici.Domenica si era infatti mostrato contrario ad approvare la legge senza essersi consultato prima da vicino con l’alleato americano Donald Trump. Poi però, certo del pieno sostegno della nuova amministrazione americana allo stato ebraico, ha preferito ieri accelerare i tempi. Intervistato a Londra, il primo ministro aveva spiegato alla stampa che avrebbe agito “secondo gli interessi nazionali” e che il “miglior interesse [per Israele] consiste nel non sorprendere gli amici, soprattutto i nostri ottimi amici” chiarendo di aver già avvisato Washington sul voto in serata della Regulation Bill.

“Bibi” aveva poi voluto mandare un messaggio anche a chi, tra l’opposizione e la stampa, lo accusa di essere sottoposto alle pressioni di Casa Ebraica: “Agisco responsabilmente e non secondo i diktat [di qualcuno]”. Tuttavia, è innegabile il fatto che negli ultimi giorni il premier aveva ricevuto duri attacchi interni per l’evacuazione (per ordine della Corte Suprema israeliana) dell’avamposto illegale di Amona, costruito in Cisgiordania su terra privata palestinese. L’obiettivo di questa legge nasce infatti anche dall’urgenza di impedire che in futuro si possano verificare situazioni simili a quanto visto nel piccolo outpost alcuni giorni fa. Scene imbarazzanti per un governo di estrema destra che ha tra i suoi elettori principalmente coloni e molti convinti sostenitori del “Grande Israele”.

Ora che la Regulation Bill è diventata legge non significa che le grane per Netanyahu sono finite: bisogna infatti capire quale sarà il parere che darà la Corte Suprema israeliana alla legge. Diversi esperti e consiglieri legali del governo hanno già espresso in questi mesi dubbi circa la legalità del provvedimento. Uno di questi è il procuratore generale Avichai Mandelblit che a più riprese ha definito il provvedimento incostituzionale. Tra gli oppositori alla legge c’è chi teme l’intervento della Corte Penale internazionale dell’Aia che del resto ha già aperto un’indagine preliminare sull’attività coloniale israeliana nei Territori occupati. Il governo però, per bocca della sua ministra alla cultura Miri Regev (Likud), ha fatto già sapere che se la Corte suprema dovesse bocciare la legge per rappresaglia l’esecutivo “compirà passi immediati per annettere la Giudea e la Samaria [Cisgiordania, ndr]”.

Battaglia legale per ora la promettono varie ong israeliane di sinistra. Gruppi come Peace Now, Yesh Din e l’Associazione per i diritti civili in Israele, infatti, hanno annunciato che faranno appello alla Corte Suprema nel tentativo di fermare l’applicazione il provvedimento. Amaro è stato invece il commento della Lista Araba Unita, un’alleanza di 4 principali partiti arabi d’Israele che ha 13 seggi alla Knesset: “Il messaggio che Israele rivolge al mondo è che continuerà con le sue politiche di occupazione, di insediamento e guerra. La legge ha condannato a morte la soluzione diplomatica e riflette la determinazione del governo a implementare la strisciante annessione [della Cisgiordania]”.

Dura la reazione anche dei palestinesi dei Territori Occupati. Il segretario generale dell’Olp, Saeb Erekat, ha detto che il provvedimento votato ieri “è l’ennesima prova del sostegno che il governo israeliano dà ai coloni e alle forze di occupazione affinché continuino i loro attacchi sulla terra del popolo palestinese”. “Il parlamento israeliano – ha aggiunto Erekat – ha appena approvato una legge che legalizza il furto di terra palestinese. Tutti gli insediamenti nella Palestina occupata sono illegali e rappresentano un crimine di guerra”.

In una nota ufficile, invece, l’ufficio del presidente dell’autorità palestinese (AP), Mahmoud Abbas, ha descritto il provvedimento israeliano una “violazione della risoluzione 2234 [contro le colonie in Cisgiordania votata lo scorso dicembre dal Consiglio di sicurezza dell’Onu, ndr]. Intervistato dal portale Times of Israel, l’alto dirigente dell’Ap Jibril Rajoub ha dichiarato che “il luogo appropriato per affrontare questa legge è la Corte penale dell’Aia. Il mondo dovrebbe dirci se Israele può continuare a comportarsi come il bullo del quartiere o agire secondo il diritto internazionale”. Nena News

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