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Paesi di intervento
“…l’assenza di incontri con soggetti differenti è molto riposante, poiché non mette mai in discussione la nostra identità; è meno pericoloso osservare cammelli che uomini”,
da Noi e gli altri, L’Esotico,
Cvetan Todorov
di Adriana Persia
Secondo l’edizione 2016 di Society at a Glance, rapporto sul benessere sociale e i suoi trend a cura dell’OCSE – Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, in Italia ci sono due milioni e mezzo di giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non fanno nulla. Non studiano e non lavorano.
I cosiddetti “NEET” – giovani Not (engaged) in Employment, Education or Training – costituiscono il 27% della popolazione giovanile, dato in crescita rispetto al 2007, anno in cui la percentuale era del 19,5% (quattro punti al di sopra della media Ocse, 13,6%).
Una popolazione sempre più numerosa che rischia la marginalizzazione cronica, dove alla deprivazione materiale e alla carenza di prospettive spesso si associano disagio emotivo e psicologico, scarsa partecipazione alla vita democratica, sfiducia nelle istituzioni e in un futuro, vicino o lontano, che possa essere migliore del presente, quando non subisce il contraccolpo del populismo e allora rischia di sfociare in fenomeni di radicalismo, razzismo e xenofobia.
È nello spezzare questa spirale viziosa che lega assenza di aspettative a mancanza di partecipazione attiva dei giovani, non solo dei NEET, che ARCS vuole dare il proprio contributo costruendo occasioni di scambio interculturale e volontariato internazionale.
Le offerte sono numerose e vanno dal Servizio Volontario Europeo finanziato dal programma europeo Erasmus +, agli scambi culturali tra giovani di paesi diversi e workshop di documentazione fotografica e di video – making, al Servizio civile nazionale all’estero fino alla più recente ed importante sperimentazione dei corpi civili di pace italiani. Stiamo inoltre lavorando per ottenere l’accreditamento al Programma EU AID volunteers dell’Agenzia Esecutiva EACEA attraverso il quale potranno essere inviati volontari di qualsiasi età, purché maggiorenni, in progetti di aiuto umanitario nei cosiddetti paesi terzi.
La programmazione delle opportunità future si sta costruendo a partire dalle sinergie con alcuni comitati territoriali della nostra associazione di riferimento, l’Arci, con l’intento di mettere a frutto risorse, competenze e peculiarità locali, valorizzare partenariati e interessi esistenti e diffondere le possibilità di formazione alla ricca platea di volontari dell’associazione o aprire a nuovi possibili interessati.
Con i comitati territoriali pugliesi di Lecce e Foggia tessiamo reti con volontari e associazioni balcaniche e libanesi che lavorano sulle questioni dei flussi migratori e dell’inclusione di richiedenti asilo e rifugiati nel tessuto sociale. Con il territorio marchigiano recentemente scosso dal terremoto e dalla sue nefaste conseguenze proviamo a immaginare il ruolo di volontari e di brevi scambi internazionali tra giovani per rilanciare e rivitalizzare il tessuto sociale ed economico. Con i comitati piemontesi si riparte dalla cultura e dall’arte come mezzo di coinvolgimento dei giovani, a tutte le latitudini e longitudini. Temi e attività di lavoro saranno diverse ma sempre basate sull’utilizzo di metodi di educazione non formali. Nei prossimi mesi saranno disponibili maggiori informazioni e aggiornamenti sui singoli progetti e le diverse offerte per giovani e meno giovani.
Una componente essenziale di queste attività è l’attenzione all’arricchimento personale e professionale dei giovani, a partire dalla formazione. Al di là della durata (si tratta di esperienze di brevissimo, medio e lungo termine) o dal contesto specifico delle attività – generalmente paesi in cui ARCS ha attivi interventi di cooperazione e aiuto umanitario e solidi legami con la società civile locale – comune denominatore di queste esperienze è fornire strumenti che diano loro le lenti adatte per osservare i complessi fenomeni politici, sociali e culturali in cui siamo immersi come cittadini del mondo globale.
Capirne le interconnessioni, riconoscerne l’impatto sulle persone e le comunità che si incontrano, imparare ad entrare in un contesto altro in punta di piedi. Aprire il proprio sguardo ad altri mondi con rispetto e delicatezza, imparando che il dialogo interculturale è reale solo se si è disposti a spostare il proprio baricentro e sospendere le proprie certezze e il bagaglio di verità che la propria cultura sembra dare per scontate e immodificabili.
“È meno pericoloso osservare cammelli che uomini”, direbbe Todorov. Ma la costruzione di cittadini più partecipi, di un’Europa più inclusiva e di società più giuste passa anche da qui.
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