08Aprile2019 Workshop fotografico in Senegal: il racconto di Paola

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di Paola Vecchiato,

Arrivati a Dakar, un po’ frastornati dopo il viaggio, siamo saliti sul pulmino che ci avrebbe portato verso Thies e lì abbiamo conosciuto i nostri compagni di avventura: l’autista, Aby e Babacar, due senegalesi che si occupano di media, e Chiara, la referente italiana di alcuni progetti di cooperazione internazionale in loco.

Scendendo dal pulmino a Diol Kadd la prima impressione è stata: ops, c’è sabbia! E la sabbia ha accompagnato tutto il nostro viaggio: ci camminavamo, ce l’avevamo in viso, tra i capelli, sulla macchina fotografica…insomma ovunque!

A Diol Kadd abbiamo fatto base all’eco villaggio 3T (teatro, terra e turismo), ospiti di Babacar e della sua famiglia. La storia di Babacar è analoga a quella di molti senegalesi: vissuto in Italia è poi rientrato nel suo paese e ha fondato con Mandiaye Ndiaye una compagnia teatrale e sviluppato nel suo piccolo paese un progetto che comprende oltre al villaggio turistico, la scuola, 2 pozzi d’acqua, un centro salute e la coltivazione di ortaggi.

Il giorno dopo abbiamo visitato queste realtà, e fotografato le attività che si svolgevano. Siamo entrati in molte case, costruite con il concetto arabo dello sviluppo all’interno di una corte chiusa. Ovunque siamo stati accolti con gentilezza e disponibilità malgrado la nostra “invasione” e la nostra ricerca ossessiva dello “scatto testimonianza” ….  Il capo del villaggio, un dignitoso signore seduto nel cortile, stava copiando pagine di corano con calligrafia minuta!

Nei 3 giorni in cui siamo stati al villaggio 3T, colazione, pranzo e cena sono stati sempre preparati dalla moglie di Babacar e serviti su due grandi piatti in alluminio decorato, messi in mezzo alla grande tovaglia stesa per terra che condividevamo: un momento conviviale molto piacevole allietato dai giochi dei 3 bambini.

Il secondo giorno è iniziato con una gita nel carretto tipico trainato da cavallo fino al mercato del vicino villaggio: 10 km di scossoni e risate su piste di sabbia, immersi in un paesaggio quasi apocalittico fatto da sabbia, sabbia, baobab ancora spogli e kadd (albero tipico locale). Ogni tanto incontravamo altri carretti e piccole mandrie di capre.

Arrivati al mercato ci siamo sparpagliati tra le bancarelle: che colori! Donne splendidamente vestite con abiti e copricapi in tessuti locali variopinti sedevano per terra tra ortaggi e spezie. I banchetti più belli ovviamente erano quelli dei tessuti locali, dove ci siamo sbizzarriti a fare fotografie.

Il giorno successivo abbiamo lasciato Diol Kadd alla volta di Linguère. Sulla strada ci siamo fermati al mercato del bestiame di Diourbel, uno dei più grandi d’Africa, dove prevalentemente si vendevano capre. Lì ogni pastore metteva in bella mostra le proprie bestie e tra belati concludevano gli affari.

A ora di pranzo ci siamo fermati nella città sacra di Touba, culla del Muridismo un insieme di pratiche di culto e di regole di condotta, fondato da Amadou Bamba e visitato la famosa biblioteca, poi abbiamo proseguito per la nostra meta. A Linguère siamo andati direttamente alla sede di ARCS dove il capo progetto Lillo Messina ci ha illustrato i progetti che stanno sviluppando in quella zona desertica del Sahel Occidentale.

La mattina dopo siamo partiti molto presto per arrivare al mercato di Dahra Djoloff. In una vasta area di sabbia sono cominciati ad arrivare i pastori, chi a piedi, chi in carretto o pick-up. Venivano scaricate le capre, radunate e poi iniziava la trattativa. Alcuni arrivavano con solo una bestia: ci hanno spiegato che si tratta dei contadini più poveri e che, solo dopo la vendita dell’animale, potevano poi passare al vicino mercato per comperare il cibo per la propria famiglia. In questo affollamento di uomini e animali, si rimaneva colpiti dai colori degli abiti e dei turbanti, prevalentemente blue e verdi, dal portamento elegante, a volte austero, dei pastori. Alcuni arrivavano perfino dalla Mauritania e si riconoscevano da stili diversi degli abiti.

Anche le donne al vicino mercato erano vestite con colori sgargianti, turbanti in tinta con gli abiti. Quelle della tribù poeuls, inoltre, avevano visi tatuati, orecchini e collane vistose.

Il pomeriggio lo abbiamo proprio dedicato a visitare piccoli villaggi nei dintorni, sia poeuls sia wuolof.

I poeuls sono una tribù di nomadi dediti alla pastorizia, che in realtà passano molti mesi lontano dal villaggio in ricerca di pascoli migliori e tornano solo ad agosto e settembre, durante le piogge estive.  Sono sicuramente i più poveri, con capanne fatte di terra e paglia. Abbiamo incontrato donne e bambini, accolti con curiosità e disponibili a condividere con noi le loro povere case. Lì non hanno elettricità e quindi sono banditi tutti i più semplici apparecchi: lì si arriva solo con il pick-up attraversando le polverose distese del Sahel Occidentale.

A testimoniare come progetti possano creare nuove opportunità di lavoro e contrastare la desertificazione, il giorno dopo siamo andati a Nguith a visitare il nuovo progetto di ARCS di fattoria collettiva integrata, un’area circolare di 500 ettari con un pozzo centrale che presto verrà costruito. Abbiamo assistito alla formazione di beneficiari nella potatura della acacia senegalese, produttrice della gomma arabica.

Abbiamo salutato lo staff di ARCS con una bella cena in terrazza, rigorosamente per terra, illuminati dalle stelle, e la mattina dopo siamo partiti per Dakar.

Abbiamo fatto una sosta al mercato dei bufali e delle mucche a Dahra-Djoloff: una confusione incredibile dove venivamo spinti tra animali che avanzavano imperterriti… ogni tanto una mucca scappava e si apriva un varco tra la folla, poi tutto si ricomponeva.

Da lì siamo poi andati in un villaggio di poeuls dove ARCS sta sviluppando un progetto con le donne per l’allevamento dei polli e altri progetti di orticultura al fine di incentivare la sostenibilità delle famiglie.

Le due giornate finali a Dakar sono state dedicate alla visita del mercato del pesce in riva al mare dove ci sono molte attività: dalla pulizia del pesce, al suo trattamento fino all’imballaggio per la spedizione. Mentre donne e uomini febbrilmente fanno queste attività, grandi camion frigoriferi sono pronti per caricare la merce. Una parte del mercato è poi dedicata all’essicazione del pesce, con griglie e filari intrecciati dove sono stesi al sole pesci di piccole e medie dimensioni.

Abbiamo visitato anche altre identità associative, gestite da donne, occupate in vari settori: produzione artigianale del sapone, scuola di pasticceria e parrucchiera per ragazze, produzione di borse grazie all’intreccio di plastica riciclata. Tutta attività promosse al fine di favorire lo sviluppo delle comunità più povere.

Prima di partire per rientrare in Italia, abbiamo festeggiato la fine dell’esperienza fotografica in riva al mare con una scorpacciata di pesce: au revoir Senegal!

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