07Agosto2019 Mashallah questa Turchia!

Condividi


di Jessica Serva, volontaria nell’ambito del progetto YouthQuake

Mashallah e Inshallah: i turchi usano molto queste due parole e le inseriscono davvero ovunque.

La prima sta a significare una situazione favorevole, quando qualcosa o qualcuno è proprio come li vorremmo quasi ad indicare una benedizione dal cielo, di Allah appunto.

“Guarda come ti sei fatta bella Mashallah”.

La seconda invece viene ripetuta costantemente quando ci si augura che ciò che speriamo accada in futuro con l’aiuto di Dio che se vorrà ci aiuterà nella realizzazione del nostro obiettivo!

“Se Dio vuole, ce la faremo, Inshallah”.

Ho trascorso in Turchia ben 4 mesi: Gaziantep, il nome della grande città dell’Anatolia sud-orientale che mi ha ospitata ed accolta facendomi sentire straniera e locale al contempo.

Patrimonio mondiale dell’Unesco per il cibo, Antep mi ha conquistata col suo Bazar coloratissimo e pieno di spezie di ogni genere, il castello, memoria di una storia di battaglie gloriose che la non lontana guerra d’indipendenza ha visto nascere e morire; il cibo turco, i baklava e i pistacchi famosi in tutta la Turchia. Questa città mi ha subito colpito per essere uno dei crocevia attuali che ospitano una comunità turca locale, accompagnata da una siriana di recente migrazione, dovuta alla guerra, nonché una sostanziosa comunità curda che nella sua fierezza abita diverse terre della Turchia.

Non a caso sono capitata qui per aiutare la nostra associazione ospitante, GEGED, nella realizzazione di progetti volti all’integrazione di bambini e donne siriani e afgani. Il mio compito, come quello di tanti altri volontari provenienti da tutta Europa e non solo, era quello di insegnare la lingua inglese ai bimbi e agli adulti con delle tecniche non formali, giocose e divertenti, sostenere la Kizilay turca nella realizzazione di laboratori volti principalmente all’integrazione dei siriani nella comunità locale, aiutare UN Women nel coordinamento di diversi workshop rivolti alle donne, offrire il nostro supporto educativo ai bimbi affetti da cancro dell’ospedale oncologico della città e ancora prendere parte alle tante iniziative sociali organizzate durante le feste nazionali turche.

Partecipando a queste attività mi sono imbattuta più di una volta, praticamente quasi sempre, nell’immensa generosità degli abitanti locali e siriani, in particolare donne, che partecipavano ai vari laboratori.

Non solo durante il lavoro, ma anche durante i miei viaggi ho potuto assaporare la cultura dell’ospitalità che permea tutta la Turchia e che fa di questa piccola porzione di mondo uno dei posti più accoglienti dove io sia mai stata finora. Mi ricordo ancora quando io e alcuni compagni di viaggio decidemmo di avventurarci presso una città vicina in autostop e un signore, che di professione faceva proprio l’autista ma quel giorno era libero dal lavoro, ci ha fatti salire sulla sua macchina portandoci direttamente a destinazione, offrendoci dell’ottimo Dondurma (gelato turco) e facendoci da accompagnatore oltre che da guida turistica.

Questo è solo uno degli innumerevoli episodi che mi hanno profondamente aperto il cuore e fatto capire che in questa vita se non siamo riconoscenti ed empatici nei confronti del prossimo, chiunque esso sia, non vale la pena vivere perché è questo il senso più bello della nostra esistenza!

E come dimenticare poi gli inviti a cena di famiglie siriane che a malapena avevano cibo per loro, gli strazianti racconti delle donne di Aleppo e le immagini atroci della guerra, l’intenso periodo del Ramadan che, grazie ai locali, abbiamo potuto vivere appieno soprattutto nei momenti dell’Iftar (la cena al calar del sole), i matrimoni tradizionali con i balli infiniti che uniscono e donano gioia.

Ma una dedica particolare in questa mia testimonianza la voglio fare alla cultura musulmana e in particolar modo alle moschee. I primi giorni ad Antep sono stati davvero rari: non ero abituata la mattina presto a sentire il canto del muezzin che dal minareto richiama i fedeli alla prima preghiera.

Col passare dei giorni questo suono mi è divenuto sempre più familiare fino ad entrarmi dentro, come mi ha pervaso la pace infinita che ho provato e che provo tuttora nell’entrare dentro una moschea. Da quelle più piccole e semplici in pietra a quelle più maestose di Istanbul ed Ankara, ai tappeti color blu cielo che tappezzavano la moschea di Iskenderun, ognuna di loro mi è rimasta nel cuore e mi ha fatto sentire direttamente connessa col divino. Pur non essendo di religione musulmana, indossare il velo in segno di rispetto ed entrare dentro ogni moschea ha rappresentato per me l’atto di amore più bello che potessi fare nei confronti di me stessa e della popolazione locale. E poi inginocchiarmi su quei tappeti più di una volta mi ha portato a riflettere sulla mia vita e mi ha donato tanta serenità. Inoltre, i turchi di religione islamica utilizzano la moschea non solo come luogo sacro ma anche per riposare, leggere e come luogo attivo d’incontro coi propri fratelli.

Se dovessi consigliare uno dei motivi per cui recarsi in Turchia, questo è sicuramente nella mia top list.

Questo Servizio di Volontariato Europeo è stato così intenso e pieno di emozioni, dalle attività coi partecipanti, alla vita di comunità all’interno dell’associazione, ai viaggi fisici e dell’anima, all’immensa generosità di questo popolo multiculturale che convive insieme, alle bellezze naturalistiche di questa terra, alle meravigliose persone incontrate lungo il cammino, che davvero tutte le difficoltà attraversate passano in secondo piano.

I tanti problemi burocratici per ottenere il permesso di soggiorno, le tensioni che a volte si creavano tra la comunità turca e quella siriana, i ritmi serranti di vivere sempre a contatto con decine di persone e non avere quasi mai spazi privati sono solo alcuni dei disagi vissuti ma posso dire con certezza che anche i problemi mi sono stati utili per crescere al meglio e mettermi alla prova in questa esperienza.

Il mio consiglio quindi agli indecisi, a quanti temono la zona di confine con la Siria, a coloro che non sanno se questa esperienza fa per loro; ebbene sì partite con tutti i vostri dubbi perché ne avete di tempo per sconfiggerli a uno a uno e, Gaziantep, è il posto giusto dove combattere ogni pregiudizio e luogo comune…  perdetevi in questa meravigliosa terra che è la Mesopotamia e lasciatevi cullare lì dove tutta la civiltà ha avuto inizio.

Inshallah, magari ci rivedremo in quel di Gaziantep per un çay tutti insieme e mi sembrerà di non averla mai lasciata, Tamam?

 

paesi d'intervento

11

Paesi di intervento

progetti

250

Progetti

operatori locali

500

Operatori locali

Iscriviti alla newsletter

Come usiamo i fondi

8%Alla struttura

92%Ai Progetti