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Paesi di intervento
di Andrea Belloni
Si dice spesso che per capire meglio qualcosa sia sufficiente cambiare la prospettiva da cui la si guarda. Sembra una delle solite frasi fatte, ma a volte, come spesso accade, vi si nasconde un fondo di verità.
Fino a fine marzo 2020 ero ancora a Boulal, un piccolo comune sperduto nel cuore del Sahel senegalese dove coordinavo per conto di ARCS Culture Solidali APS un piccolo progetto volto a migliorare le condizioni di vita della popolazione locale residente, rafforzando le produttrici locali, creando nuovi posti di lavoro, garantendo una migliore alimentazione e una più degna qualità di vita a circa 500 donne, con le loro famiglie, riunite in associazioni femminili di auto-aiuto dette GPF, Gruppi di Promozione delle Donne.
Abbiamo realizzato un pollaio per ogni GPF, per la produzione di uova, pulcini e carne. Abbiamo predisposto diverse colture agricole di mais, miglio, sorgo, fagioli e arachidi, approfittando delle piogge stagionali che alleviano l’aridità del deserto nei mesi di luglio, agosto e settembre. Abbiamo fatto formazioni per rafforzare le produttrici nella gestione di micro-imprese locali, sostenendole nelle procedure contabili ed amministrative ed accompagnandole nei principali mercati dove poter rivendere i loro prodotti.
Il 23 marzo 2020, a causa dell’arrivo in Senegal della pandemia di SARS Cov2, ed alla conseguente chiusura delle frontiere aeree e terrestri del Paese, sono dovuto rientrare in Italia per ragioni di sicurezza.
In questo momento mi trovo ancora in Italia aspettando di poter tornare: da qui ho potuto solo osservare da lontano ciò che accadeva nel piccolo villaggio di Boulal. Solo pochi mesi fa camminavo tra le sue piccole vie sabbiose, salutando gli abitanti che oramai si erano abituati alla presenza di quello strano toubab dalla lunga barba.
E’ stato difficile seguire i lavori a distanza, ma siamo riusciti lo stesso a portare avanti le attività.
Questa mia nuova prospettiva, punto di vista, mi ha permesso di guardare con altri occhi il nostro lavoro: ciò che più mi ha colpito è il forte sentimento di comunità che si è creato. Senso di appartenenza, visione comune degli obbiettivi da raggiungere per il bene di tutta la popolazione. Supportate dallo staff locale di ARCS Culture Solidali, le 500 produttrici di Boulal coinvolte nel progetto hanno imperterrite continuato a lavorare, a prendersi cura degli animali, a suggerire nuove soluzioni e nuove idee, rispettando tutte le procedure amministrative e contabili apprese durante i diversi cicli di formazione, con le mascherine e nel rispetto di tutte le misure di sicurezza previste per combattere la pandemia.
Tra non molto le frontiere riapriranno e potrò finalmente ritornare in Senegal, in quel luogo che ormai sento come casa. E, nonostante il caldo torrido, la sabbia e le condizioni di vita talvolta estreme, così diverse dalle mie normali abitudini, sono sicuro che al solo rivedere le prime case di Boulal non riuscirò a trattenere una lacrima di gioia e un grande sorriso per l’emozione.
A presto Boulal, a presto staff ARCS, a presto donne coraggiose….
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