06Ottobre2020 Tunisia: la precarietà del ritorno alla vita

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di Alberto Sciortino

Dopo i mesi della chiusura totale delle attività nel Paese, tra marzo e giugno scorsi, anche in Tunisia, come altrove, il ritorno alla vita normale continua a essere precario,  complice il periodo estivo appena trascorso, ma soprattutto il senso di incertezza per la diffusione dei contagi da COVID19, nuovamente in crescita nelle ultime settimane.

Le mascherine sono tornate ad essere un obbligo in tutti i luoghi chiusi e all’aperto in presenza di più persone; alcuni piccoli centri, dove i casi sono più numerosi, sono obbligati al coprifuoco serale, con la chiusura dei caffé ; ogni giorno si fa il conto dei nuovi casi e dei morti: pochi, per fortuna, questi ultimi, ma con cifre anch’esse in crescita.

Il governo si sforza di rassicurare la popolazione che non ci sarà un nuovo « confinement » totale: il paese non lo reggerebbe, dopo aver sperimentato e non ancora superato le conseguenze di quello dei mesi scorsi, in termini di caduta dei redditi e dell’occupazione tra le fasce più povere della popolazione.

Per quanto riguarda ARCS, l’équipe ha ripreso pienamente le proprie funzioni dai primi di luglio, cercando di recuperare il tempo perduto, ma mantenendo al tempo stesso le imprescindibili misure di sicurezza. Nei dintorni della capitale, sono riprese le attività preparatorie per realizzare la ristrutturazione del Centro di Formazione Agricola di Chebedda, gestito dall’associazione partner Union National de la Femme Tunisienne, cercando di accelerare i passaggi tecnici e amministrativi per l’avvio dei lavori di ristrutturazione dell’edificio del centro e della sistemazione dell’impianto di irrigazione del terreno.

Questi due passaggi sono propedeutici alla riorganizzazione della capacità di formazione del Centro stesso. Negli ultimi anni, infatti, proprio a causa della carenza di strutture e attrezzature idonee, il centro ha potuto fornire solo piccole formazioni non professionalizzanti, destinate a soddisfare la richiesta di piccoli gruppi di giovani donne e uomini interessati a migliorare le proprie attività, spesso informali o familiari: produzione di miele, piccolo allevamento, produzione di formaggi. Questi corsi continueranno a essere assicurati anche in futuro, vista l’esistenza di questa domanda dal territorio della regione, ma la sfida del progetto « SELMA », che ARCS e UNFT hanno avviato grazie al finanziamento dell’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo e insieme al Commissariato regionale all’Agricoltura, alla ONG TAMAT e ad altri attori, vuole essere di trasformare questo centro in un propulsore di attività agroecologiche, sia dal punto di vista produttivo – sostenendo la creazione di piccole imprese – che dal punto di vista delle abitudini di consumo, lavorando con le comunità e le scuole.

Proseguono intanto a Tataouine, nell’estremo sud del paese, dove ARCS ha realizzato dal 2016 in poi il progetto « TER-RE » a sostegno della produzione artigianale delle donne dei villaggi, alcune attività a favore delle micrimprese create da quel progetto, le quali, come il resto del Paese, hanno sofferto le conseguenza della chiusura dettata dalla pandemia. Adesso, grazie a fondi della Regione Emilia Romagna destinati proprio al sostegno di piccole imprese di giovani, si stanno appoggiando alcune iniziative di rilancio. L’occupazione giovanile resta il tema principale di preoccupazione in questa regione, con tassi di disoccupazione più alti della media del Paese, come dimostra anche la protesta dei giovani, rilanciata dopo la fine del lockdown con l’occupazione di alcune installazioni petrolifere della regione.

Sempre in questa regione e ancora in tema di sostegno all’iniziativa dei giovani per l’occupazione, ARCS avvierà a breve – sperando che non vi siano nuovi impedimenti dettati dall’emergenza sanitaria – un nuovo programma di due anni per la creazione di piccole imprese, che dovrebbe iniziare a novembre grazie a un finanziamento del Ministero italiano degli Interni, nonché un’attività di ricerca sulle percezioni del fenomeno migratorio, nell’ambito di un progetto – finanziato dalla Commissione Europea – in cui ARCS TUNISIA sarà partner di diverse università italiane e straniere. Anche questa ricerca, che ha l’obiettivo di contribuire alla creazione di un archivio internazionale online, dovrebbe essere avviata entro la fine di quest’anno.

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