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Paesi di intervento
di Leonardo Sartori, volontario nell’ambito del Servizio Civile Universale
Palazzi sventrati, saracinesche deformate, negozi svuotati, povertà sempre più dilagante. E’ l’immagine che si palesa violentemente davanti agli occhi di chi attraversa le strade di Gemmayzeh, Mar Mikhael e Geitawi, nel cuore di Beirut. A tre mesi dalle due esplosioni, e da quasi un anno di estenuante crisi economica e politica, il Libano si ritrova ad affrontare la ricostruzione di un Paese colpito su tutti i fronti.
Nonostante il lockdown di due settimane per rallentare l’incessante espansione di COVID-19, il centro della capitale è diventato simbolo di resistenza e di resilienza. I lavori per rimettere in piedi interi quartieri distrutti non si fermano e diverse iniziative di quartiere sono nate per far fronte alle esigenze primarie delle persone più vulnerabili.
C’è chi, colto dal fascino sconosciuto di una Beirut senza traffico, attraversa le arterie della città in skateboard, o semplicemente a piedi. Ma il trambusto dei temporali notturni risveglia negli abitanti della capitale l’inferno vissuto il 4 agosto, e sono in molti a trascorrere notti insonni trovando conforto in amici e parenti che, come loro, condividono lo stesso trauma.
Souk el-Tayeb, il mercato di produttori locali, tenta di rallegrare le strade che pullulano ancora di macerie. Purtroppo, però, i produttori più piccoli non hanno retto lo shock economico e sono stati costretti ad abbandonare il lavoro agricolo.
Chi ne aveva la possibilità, ha lasciato il Paese per ricominciare altrove; altri sono in procinto di farlo. Altri ancora, spinti dalla disperazione, hanno preso la via del mare per cercare asilo nella vicina Cipro, e hanno trovato un portone blindato e respingimenti forzosi.
Senza dubbio sono le comunità più vulnerabili a non avere altra scelta se non adattarsi a nuove condizioni di vita ancora più soffocanti. Non è raro scorgere abitazioni precarie dove i teli plastificati dell’UNHCR hanno sostituito tetti, porte e finestre.
Così ritroviamo Beirut dopo sette mesi di assenza.
Nella piazza simbolo della rivoluzione, iniziata alla fine del 2019, ora si trovano automobili parcheggiate, ma se lo sconforto e la disillusione sono innegabili, è anche vero che in Libano si percepisce la forza di non mollare, e di guardare oltre.
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