Sei organizzazioni palestinesi nella lista delle associazioni terroristiche

Israele sospenda subito il provvedimento

L’ordine firmato dal ministro della Difesa Benny Gantz definisce sei organizzazioni palestinesi come associazioni terroristiche. Si tratta di organizzazioni che si occupano di diritti umani, in molti casi con un ruolo di consulenza e di supporto riconosciuto formalmente presso le istituzioni internazionali. Tale atto si colloca all’interno di un processo che ha esteso (nella compagine governativa, politica e sociale israeliana) l’applicazione della legge antiterrorismo vigente
in Israele alle organizzazioni della società civile palestinese.

Secondo molti giuristi la misura risulta non legittima e si configura come l’ennesima conferma dello stato di occupazione e di discriminazione nei confronti delle organizzazioni palestinesi da parte del governo israeliano.

Stavolta però le conseguenze rischiano di essere pesantissime: chiusura degli uffici, possibili arresti per i membri delle associazioni e impossibilità di ricevere fondi internazionali. L’accusa principale è che queste organizzazioni siano legate al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, un’organizzazione politica da sempre protagonista delle lotte contro l’occupazione, inserita da USA, Canada, Unione Europea e Israele, nelle liste degli enti considerati terroristici. Tuttavia il precedente che si viene a creare con questo provvedimento porta a cancellare ogni distinzione tra i gruppi armati e coloro che difendono i diritti dei minori, delle donne, dei contadini, delle persone private della libertà, e che documentano costantemente le violazioni dei diritti umani da parte di Israele, sulla base del diritto internazionale.

Ad oggi gli attivisti di sinistra o chiunque sia affiliato a una di queste organizzazioni potrà essere assimilato a un terrorista, come se qualsiasi forma di lotta e di resistenza all’occupazione, anche quelle non violente e che si basano sulle raccolte di dati e di testimonianze, siano “terrorismo” per Israele.

A realtà associative come le nostre, da sempre impegnate a sostegno della società civile palestinese, non sfugge quale portata possa avere questo atto. Già le limitazioni date dal sistema di occupazione e apartheidrendevano la vita dei difensori dei diritti umani in Palestina difficile, ma tale posizione mette a rischio un intero sistema che coinvolge in primis le organizzazioni palestinesi, ma anche tutte le associazioni che con loro condividono prese di posizione, lavoro sul campo e impegno a tutela dei diritti umani.

Le organizzazioni designate sono i nostri partner, sono gli stessi che accolgono le nostre delegazioni durante i viaggi di conoscenza e i campi di volontariato raccontando il proprio impegno e la lotta all’occupazione. Nel report di NGO monitor, pubblicato a giustificazione delle accuse, ci sono i nomi e le foto dei nostri amici e colleghi, di persone che hanno dedicato tutta la loro vita alla ricerca della giustizia.

ARCI e ARCS, a nome del tessuto associativo legato storicamente alla causa del popolo palestinese, continueranno a dare voce alle organizzazioni della società civile con cui collaborano da anni in Palestina, rafforzando il proprio impegno per denunciare le violazioni dei diritti umani da parte delle autorità occupanti. ARCI e ARCS sostengono le colleghe e i colleghi delle Ong italiane operanti Palestina che stanno attivando le interlocuzioni con l’Agenzia per la Cooperazione allo Sviluppo in loco e le sedi diplomatiche italiane in Israele per rispondere a questo attacco. Le reti delle ong italiane, di cui ARCS fa parte, da venerdì scorso sono in contatto con alcun* parlamentari del nostro Paese per predisporre un’interrogazione urgente al governo affinché l’Italia assuma in fretta una posizione e chieda la sospensione dei provvedimenti.

Contemporaneamente ci muoveremo in raccordo con le reti europee di cui facciamo parte, perché l’intera comunità internazionale riconosca il sopruso, la limitazione della libertà di associazione e le violazioni dei diritti a cui il popolo palestinese è sottoposto.

Benny Ganz
Palestina Campo di lavoro (foto Fittipaldi)
Palestina Campo di lavoro (foto Fittipaldi)
Palestina Campo di lavoro (foto Fittipaldi)

le ong sotto attacco

  1. Ad-Dameer offre assistenza legale ai prigionieri, raccoglie dati sulle incarcerazioni, comprese le cosiddette detenzioni amministrative (trattenimento in detenzione di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane senza processo. Sono sottoposti a detenzione amministrativa anche bambine e bambini palestinesi). Ad-Dameer denuncia le torture a cui sono sottoposti i prigionieri.

  2. Al-Haq è una delle organizzazioni  più importanti nella difesa dei diritti umani nei Territori. Ha uno status consultivo speciale con il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite. Fondata nel 1979, Al-Haq stila rapporti sulle violazioni dei diritti umani nei territori sia da parte di Israele che dell’Autorità Palestinese. Al-Haq è anche una delle forze che hanno portato Israele davanti alla Corte penale internazionale dell’Aia.

  3. Defense for Children International, sezione Palestina, monitora le violazioni dei diritti dei minori in Palestina collegati all’occupazione israeliana, ma anche interni al sistema palestinese. Lavora tramite antenne territoriali in tutta la West Bank, a Gaza e a Gerusalemme Est. Si occupa di denunciare gli abusi sui minori palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Fa parte della rete internazionale di DCI ed è consulente di UNICEF. DCI Palestina è partner di ARCI Toscana da oltre 20 anni. Nel mese di luglio avevano subito la perquisizione dell’ufficio da parte dell’esercito israeliano.

  4. L’Unione dei Comitati di Lavoro Agricolo aiuta i contadini palestinesi, soprattutto nell’area C della Cisgiordania, che secondo gli accordi di Oslo è sotto il pieno controllo israeliano. Fondata nel 1986 da un gruppo di agronomi, è considerata una delle più grandi istituzioni di sviluppo agricolo. 

  5. Unione dei comitati delle donne palestinesi ha l’obiettivo di costruire una comunità civile democratica progressista libera da ogni forma di discriminazione e si batte per il rispetto dei diritti delle donne.

  6. Bisan Center for Research & Development sostiene le fasce più fragili della popolazione nell’affermazione dei loro diritti socio-economici nel contesto della liberazione nazionale e democratica della Palestina. In particolare è impegnato nella produzione di conoscenza e nella costruzione di partenariati con organizzazioni democratiche e popolari.
paesi d'intervento

11

Paesi di intervento

progetti

250

Progetti

operatori locali

500

Operatori locali

Iscriviti alla newsletter

Come usiamo i fondi

8%Alla struttura

92%Ai Progetti