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Paesi di intervento
di Roberto Salustri, direttore scientifico EcoIstituto RESEDA onlus
Qui nel deserto del Sahara si fa agricoltura per sopravvivere, una testimonianza di resistenza fatta soprattutto dalle donne. Non è un ambiente dove coltivare, lo si fa perché costretti a vivere nei campi per rifugiati, a causa della negazione del diritto a vivere in modo indipendente nel proprio Paese, ormai in vigore da anni.
Ci sono habitat con diversi gradi di aridità: semiarido, arido e iperarido. Noi siamo nell’hamada, il deserto roccioso, dove non piove, o almeno non dovrebbe. I cambiamenti climatici degli ultimi anni hanno colpito anche il deserto del Sahara, in cui ormai a cadenza annuale si manifestano eventi temporaleschi. Piove, quindi sembrerebbe qualcosa di positivo, e invece no, eventi troppo brevi e troppo violenti: quindi distruttivi. I temporali sono sempre accompagnati da forti venti e tempeste di sabbia, che negli anni hanno devastato numerosi orti familiari, case e edifici collettivi. Queste strutture costruite con l’impiego di lastre di ferro e sabbia, non sono state in grado di sostenere l’impatto distruttivo dei temporali. Nonostante ciò, la popolazione Saharawi non si è scoraggiata e ha adottato tecniche costruttive diverse per contrastare i danni.
La fornitura di cibo e gli interventi sanitari per i rifugiati che vivono nei campi, sono garantiti dagli aiuti umanitari. Questi ultimi sebbene rappresentino motivo di sostentamento, si stanno gradualmente riducendo a causa della pandemia. Tuttavia, c’è una differenza rispetto ad altre realtà, qui si sta cercando di sviluppare un sistema agricolo per garantire la sopravvivenza. La coltivazione come resistenza, ci permette di avere cibi freschi e contrastare denutrizione e malattie non trasmissibili come il diabete o la celiachia.
In mancanza di cibo e medicine è dalla natura che stiamo cercando di ottenerle, e in questo abbiamo due grandi alleati: le conoscenze tradizionali di un popolo che una volta viveva libero nel Sahara; e gli alberi che vivono nel deserto e necessitano di poca acqua. Tra questi, di vitale importanza è l’Acacia raddiana (acacia tortilis subs. raddiana), simbolo per il popolo Saharawi e per la sua lotta, da cui si ricava una resina medica usata nella medicina tradizionale: l’Elk.
Come EcoIstituto RESEDA, partner tecnico di ARCS in questo progetto finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri attraverso l’8xmille, abbiamo deciso di adottare la “Tree based agriculture” sin dal 2007. Gli effetti prodotti sono stati straordinari. La sinergia tra alberi e agricoltura ha modificato il panorama di campi cresciuti in luoghi originariamente non adatti alla coltivazione. Nei campi del deserto sono spuntati centinaia di alberi dalle tende e dagli orti. Nel tempo si sono aggiunte, poi, anche altre piante, tra cui i limoni, gli olivi, i melograni e la moringa. Oltre all’uso delle canne delle specie arundo donax, una pianta che di solito associamo alle zone umide ma che resiste, come ogni buona graminacea, anche a periodi di siccità.
Natura, conoscenze scientifiche e ascolto, in questo modo abbiamo ideato un metodo per coltivare nel deserto, senza ridurre l’acqua potabile per la popolazione e fornendo gli strumenti per realizzare orti familiari. A settembre 2021 abbiamo iniziato a realizzare altri 20 orti familiari, dotandoli di un pozzo protetto, di un recinto di protezione fatto in mattoni di sabbia, di una pompa e di un impianto idrico per irrigare, oltre ad aver garantito alla popolazione attrezzi, formazione e supporto tecnico.
La formazione è una parte importante del processo, non è un popolo di coltivatori, anche se l’interesse è molto; quindi, è importante fornire un supporto didattico, anche su carta, per diffonderlo nelle scuole e nel sistema di biblioteche “Bubisher” con cui collaboriamo. Il Bubisher è un piccolo uccello del deserto il cui arrivo annuncia buone notizie.
La stretta collaborazione con le autorità Saharawi e i loro tecnici, dimostra la particolarità di un popolo che non aspetta l’aiuto dall’alto ma cerca con la solidarietà di resistere all’ambiente e alla politica internazionale ostile.
Le prossime azioni che abbiamo previsto andranno a potenziare quanto già realizzato. Stamperemo i primi due importanti manuali didattici: il manuale sugli alberi e gli arbusti del deserto e il loro uso alimentare e per la salute; e il manuale degli orti familiari. Nel frattempo, in attesa della prossima missione nei territori liberati del Sahara occidentale, le famiglie si gustano il primo raccolto fatto di carote, pomodori, moringa, melanzane e zucchine sotto l’ombra degli alberi.
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