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di Francesco Verdolino – responsabile della comunicazione per ARCS
T. ha 74 anni. Tre figli, di cui uno con una grave disabilità cognitiva. Un marito con gravi problemi cardiaci. Per due settimane ha vissuto sotto terra, in un bunker improvvisato, mentre fuori cadevano bombe e missili. “Sentivamo le esplosioni. Ogni rumore era un colpo al cuore. Fuori c’erano cadaveri dappertutto”. L’unico aiuto quello dei vicini di casa: “ci portavano cibo e acqua quando potevano”.
Con un figlio disabile scappare è difficile. E la paura, se possibile, aumenta quando della guerra non riesci a spiegarti le cause. “Fino a ieri i russi erano nostri fratelli, ora sono i nemici. In 74 anni non ho mai pensato che potesse accadere”.
Ma il 22 Marzo alcuni volontari li portano via: troppo pericoloso restare. Parte con il marito e il figlio disabile. Gli altri due figli restano, vivono in un’altra zona del Paese. Non riesce a prendere quasi nulla, è una fuga.
Arrivano a L’viv ed è lì che li incontriamo con la Carovana “Stop the war”. Salgono sul pullman organizzato dalle associazioni e li accompagniamo in Italia.
“Quando siamo scappati la nostra casa era lì. Dopo 2 giorni abbiamo saputo che non c’era più” mi racconta. Con sé ha i pochi vestiti che indossa: non ha un telefono, non ha soldi. Ci chiede della biancheria intima per potersi cambiare.
Ora è insieme alle altre persone all’Hotel Marriott, a Roma, punto di prima accoglienza coordinato in forma volontaria da ARCS Culture Solidali, Arci Solidarietà e Medici senza frontiere, in collaborazione con il Comune di Roma e la Regione Lazio, in attesa di regolarizzare i documenti e poter essere inserita nel sistema di accoglienza diffusa.
Come ti senti? “Ora sono più tranquilla, anche se penso a miei figli rimasti lì. Quando sento rumori improvvisi mi spavento, ma siamo stati fortunati a poter scappare in tempo dalla morte. Ringrazio tutti i volontari e le volontarie che ci danno cibo, vestiti, assistenza. Il futuro? Io ormai sono vecchia” mi dice con gli occhi lucidi. “Ma sono preoccupata per i miei figli. M. con la sua disabilità è troppo fragile: cosa farà senza di me?”. Si porta le mani al volto e piange.
Puoi sostenere ARCS con una donazione alla campagna “In fuga dall’Ucraina”.
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