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Paesi di intervento
di Paolo Pesce Nanna
Per chi mi conosce, o per chi ha letto il mio libro Batti Cinque Dottor Pesce – Diario di un Supereroe – saprà che la mia relazione con Cuba inizia nel 2019.
E’ tutto scritto ed editato, perciò non sto qui a raccontarvi di quando decisi di “tradire” il mio amato Brasile e partire per l’isola rebelde, patria della musica e dei miei miti giovanili, o di quando lo stesso giorno che acquistai il biglietto mi ruppi il tendine di Achille giocando a calcetto con gli amici, e non vi posso nemmeno raccontare di quando una volta guarito arrivò la pandemia a bloccare la mia partenza, ma soprattutto non sto qui a raccontarvi della macumba che il Brasile, gonfio di gelosia, scatenò nei miei confronti. Pensa se c’ero stato.
Sto qui a raccontarvi invece un’altra storia, un’altra Cuba, completamente diversa da quella che avrei vissuto se non ci fosse stato l’infortunio, l’operazione, il Covid-19.
Batti Cinque Dottor Pesce esce nel luglio 2021 ed è il frutto delle emozioni del primo durissimo lockdown. Narra delle 65 dirette consecutive, e di come un fantomatico Dottor Pesce, tecnico industriale delle arti grafiche, si inventò un format per intrattenere le persone barricate in casa, in preda alla depressione e alla paura.
Dal Dottor Pesce ci è passato il mondo: poeti, attori, musicisti, chimici, registi, baritoni, allenatori di calcio, scrittrici, ecc. Ed è proprio in quel momento bruttissimo che germogliò un seme bellissimo.
Nel 2022, per non far ingelosire nuovamente il Brasile, decido di inviare una mail a una mia amica brasiliana che collabora con l’Università di Florianópolis.
Le propongo di presentare il mio libro e raccontare l’esperienza italiana, che fu il primo Paese, dopo la Cina, a subire una clausura totale, e di come degli artisti, italiani e internazionali, capitanati dal Dottor Pesce, hanno reagito al virus con le uniche armi a disposizione: l’arte, l’intelligenza e l’immaginazione.
Mi ha risposto di sì, che era molto felice di poter fare questa cosa assieme, anche perché nell’università si tengono dei corsi di contadores de histórias (“raccontatori di storie”), ma per causa del governo Bolsonaro, che ha tagliato drasticamente i fondi previsti alla cultura, si poteva organizzare il tutto per il prossimo anno, nel 2023. Forse.
Non potevo aspettare tutto questo tempo e il forse, così lo stesso progetto lo inviai anche a Cuba, tramite l’ARCS, inserendo il musicista e amico Sergio “Rossomalpelo” Gaggiotti.
Accettarono. La data fu fissata per novembre 2022, in concomitanza con la settimana dell’amicizia tra l’Italia e Cuba, ma visto che c’era anche Sergio, ci proposero di andare subito, a maggio, così avrebbe partecipato, in qualità di ospite internazionale, al festival della musica cubana Cubadisco.
“E io?” Chiesi
“E tu? Tu oltre a parlare del libro nelle case della cultura, ti metteremo in contatto con il direttore artistico di un teatro per un futuro spettacolo a novembre”.
Vi devo scrivere la nostra risposta?
Partenza da Roma Fiumicino il 5 maggio, ritorno il 26.
Ho vissuto quelle settimane prima della partenza con la paura che da un momento all’altro potesse capitarmi una disgrazia, e infatti, qualche giorno dopo aver comprato il biglietto, la Russia invade l’Ucraina. (Stavolta sono innocente, disse la macumba brasiliana).
“Ci risiamo” pensai, “Adesso scoppia la terza guerra mondiale, ci tiriamo una cinquantina di bombe atomiche e io muoio senza aver mai aver visto la Plaza de la Revolución e senza aver mai ascoltato Cuba es Cuba.
Da quando sono atterrato all’Avana ho capito che stavo su un’isola speciale.
Tutto è in divenire. Niente si butta. Tutto si aggiusta. Come le persone.
Non esiste separazione evidente, sulla stessa via incontri case coloniali bellissime assieme a case coloniali fatiscenti corrose dal tempo e dalla salsedine, macchine da sogno di un’altra epoca sfrecciano veloci sul Malecon assieme a Moskovich, Lada, Fiat 126 e a moto elettriche.
La musica si ode dappertutto, anche una lattina abbandonata sul marciapiede, che rotola per il vento, emette il suono di un bolero.
La miseria si nota, ma ne ho vista di molto peggio, non solo nelle grandi città sudamericane, ma anche nella mia.
Gli ospedali sono ovunque, così come le scuole primarie, secondarie, pre-universitarie, scuole di danza, teatri, musei, centri di aggregazioni e case della cultura dove ho avuto l’onore di conoscerle a fondo.
Anche per questo sono venuto a Cuba, a sostenere il progetto La casa de todos, realizzato dal consiglio nazionale delle case della cultura e la Ong ARCS/ARCI.
Ho conosciuto persone eccezionali, poeti, maestri di musica, cantanti, direttori di teatri, di musica, giornalisti, fruttivendoli, panettieri, tassisti, chitarristi di strada con poche corde raffazzonate, venditori di sigari.
L’embargo si fa sentire, pesantemente, specialmente sui ceti più deboli della popolazione, file su file per prendere il pane, le sigarette e i bisogni di prima necessità, passati mensilmente dal governo, con la libreta de abastecimiento.
Cuba es Cuba sono riuscito a sentirlo nei vicoli dell’Habana Vieja, ed è proprio così.
“Il miglior modo di dire è fare” – José Martí .
Hasta luego querida!
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