15Settembre2022 La Tunisia in un Cafè

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di Matteo Labadini, volontario nell’ambito del Servizio Civile Universale in Tunisia

È un pomeriggio caldo, come tanti altri, e decido di andare nel solito “cafè” vicino casa, frequentato da soli ragazzi tunisini, a trascorrere qualche ora. Qui, ormai, sono di casa, o almeno così mi piace pensare.

Assil, uomo sulla quarantina tifosissimo del “Club Africain”, mi serve il solito “express” – servito rigorosamente con due bustine di zucchero e il bastoncino in legno a fianco – con il solito sorriso e la solita voglia di conversare. Si siede a fianco a me, mi offre una sigaretta e dopo qualche goffa incomprensione linguistica, mi saluta. “Le travail”, mi ripete amareggiato tornando al suo bancone.

Non resto quasi mai da solo. Sono “costretto” a restare, “giusto il tempo di un altro cafè”, spesso offerto. Il tempo di un caffè, diventa il tempo di un racconto di vita ed io, curioso e affascinato, mi lascio trasportare. Perdo la concezione dell’ora e mi rendo sempre più conto di quanto questo particolare luogo di incontro diventi una sorta di rifugio sicuro per tante persone, anche per me, in un certo senso. “ma sicuro da cosa?”, mi viene da pensare.

È un percezione controversa, esiste un’altra faccia della medaglia. Molte delle persone che passano intere giornate qui, lo fanno infatti per una reale mancanza di alternativa, chi per noia, chi perché non ha un lavoro. Ecco allora che un repentino cambio di prospettiva può trasformare un vivace cafè colorato in un locale dismesso, consumato dal tempo, dal fumo delle sigarette e dai silenzi.

Se è vero che vi sono delle reali difficoltà, è però altrettanto vero che la gentilezza, il calore, la genuinità e la positività con cui i tunisini affrontano le giornate e con cui mi hanno accolto tra di loro non l’ho mai testimoniata e provata altrove. L’espressione “hamdulleh lebess!” – letteralmente “grazie a Dio tutto bene” – accompagnata da un sorriso, riecheggia nella mia mente ed è la tipica risposta che ci si sente dare da ogni persona, in ogni luogo e in ogni cafè.

La Tunisia non la conoscevo, e tutt’ora non la conosco a pieno, ma sto iniziando a scorgere qualche sfumatura culturale, sociale, abitudinaria, dolce e amara, proprio come la frequentazione di un cafè, proprio come il gusto di un caffè.

Grazie al Servizio Civile Universale ho l’opportunità di immergermi e (spero) di confondermi sempre di più nel tessuto sociale tunisino. Non solo, ho l’opportunità di sviluppare rapporti, impressioni, competenze e amicizie che mi permettano di scegliere consapevolmente con quale prospettiva osservare e partecipare alla vita quotidiana tunisina, almeno del mio quartiere, almeno nel “mio” cafè”.

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