29Settembre2022 Una conchiglia a La Goulette

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di Cloé Gosparo, volontaria del Servizio Civile Universale in Tunisia.

E’ una domenica di agosto, e mentre faccio un bagno al mare, un signore mi tende la mano e sorridendo mi dice in arabo: “Tieni, ti piacciono le conchiglie?”. Ricambio il sorriso, e lui: “E le stelle marine? Ecco, prendile!”

Vorrei parlarvi della Tunisia iniziando da La Goulette.

La Goulette è una frazione multietnica della periferia di Tunisi. Città natale di Claudia Cardinale e porto di scambi sul Mediterraneo, soprattutto con l’Italia. Un tempo era abitata per la maggior parte da italiani, in particolare siciliani, da francesi e da ebrei di varie nazionalità. Immersa nello sfondo delle casette tunisine bianche e blu, trovo una piccola chiesa, tutta bianca, con il campanile che spicca in alto, assieme ai minareti delle due moschee che la circondano.

La Goulette, per me, è diventato un luogo di raccolta. È così familiare che ci vado spesso a meditare, mi piace guardare il mare, fare una passeggiata con una collana di fiori di gelsomino in compagnia dei miei colleghi volontari e parlare con un venditore di ombrelloni sorseggiando un tè alla menta. Mi piace osservare i gatti e le persone sedute al caffè.

Alcuni tassisti ci consigliano di andare a mangiare il “Brik”, un piatto tunisino molto sfizioso di origine ebraica: una mezzaluna croccante farcita con patate, prezzemolo e un uovo colante.

Di fronte ai nostri apprezzamenti sul quartiere, le persone che incontriamo esclamano: “La Goulette? Mais c’est la misère! ” (La Goulette?  Ma è una miseria!). Ma credo si sbaglino.

Secondo me La Goulette rappresenta piuttosto bene la Tunisia: i caffè e i ristoranti di pesce sul mare, la gente in spiaggia, in famiglia a divertirsi e a rilassarsi. Mi capita di scambiare qualche parola anche con gli abitanti del posto, un pescatore o un cameriere. Rimango colpita e soprattutto coccolata dall’ultima parola pronunciata dai miei interlocutori alla fine dei nostri discorsi: “Bienvenue!”.  Questo “Bienvenue” o “Marhababik” (in tunisino) mi strappa sempre un sorriso, mi sento accolta e penso che non ci sia niente di più bello in un Paese straniero che sentirsi la benvenuta, sentirsi a casa.

Tornando da una passeggiata a La Goulette, passo davanti alla pizzeria sotto casa. La Tunisia pullula di ristoranti italiani, i tunisini sono ghiotti di pizza. Mi fermo a salutare Mohammed, il proprietario, stanco dopo una giornata di lavoro. Con lui parlo italiano, del più e del meno, della sua giornata e della pizzeria. Ci salutiamo e lui mi dice: “Gioia mia, per qualsiasi cosa tu sai che io sono qua.” Torno a casa tranquilla, sorrido e mi sento bene.

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