10Ottobre2022 We are not all in the same boat, but we are all in the same storm

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di Micol Simonato, volontaria di Servizio Civile Universale in Libano

Il 22 settembre scorso, a pochi giorni dalla ricorrenza della tragedia del 3 ottobre 2013 dove trovarono la morte 368 persone al largo delle coste di Lampedusa, il Mediterraneo è stato testimone di un altro naufragio, l’ennesimo. Una delle più grande tragedie nel Mediterraneo orientale. Almeno 90 persone annegate. Siriani, Palestinesi, Libanesi. Nel tentativo disperato di raggiungere l’Europa, erano partiti circa in 120, forse 170, da Minyeh (Tripoli) nel nord del Libano. L’imbarcazione, come tristemente spesso accade, versava in pessime condizioni e stipava un numero di persone ben oltre la propria capienza. Il naufragio è avvenuto al largo delle coste siriane, a Tartus.

La gran parte dei passeggeri erano siriani. Hanno trovato la morte nel paese da cui erano fuggiti e alcuni corpi, ancora non recuperati dalla guardia costiera, rimarranno lì per sempre. La complessità nell’identificazione dei corpi, ne determina la mancata restituzione alle famiglie, una morte senza nome. Il dramma nel dramma.

Secondo i dati dell’UNHCR cresce di anno in anno il numero di persone che tenta di attraversare il Mediterraneo, questo in parallelo con il deteriorarsi delle condizioni di vita della comunità siriana rifugiata in Libano. I vulnerabili diventano ancora più vulnerabili. Rifugiati siriani e palestinesi, circa un terzo dell’intera popolazione nel paese, non vedono altra scelta che pagare trafficanti per cercare di raggiungere l’Europa. Il Libano non solo non sembra più offrire un futuro, ma nemmeno un presente. 

Negli ultimissimi anni si registra un allarmante cambiamento in questa rotta migratoria. Sono sempre di più anche i libanesi che intraprendono viaggi disperati, per quanto comunque rimangano una minoranza. La crisi economica che sta affliggendo il Libano, la peggiore dopo la guerra civile, ha messo in ginocchio un’intera popolazione facendo precipitare circa l’80% sotto la soglia di povertà. Il Libano è diventato un paese in cui le persone sono costrette a prendere d’assalto le banche per riottenere i propri risparmi. Quando mancano i soldi, il lavoro e il pane quella che si scatena è una guerra tra poveri. Il Libano sta diventando un paese da cui la gente scappa non vedendo altra via di uscita che mettere i propri figli su una barca e tentare il tutto per tutto pur di garantirgli un futuro migliore.

Il Libano è anche questo.

Ma non solo.

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