27Ottobre2022 La torre di Fuoco

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di Matteo Labadini, volontario di Servizio Civile Universale in Tunisia

Ho scoperto essere chiamata la “torre di fuoco”, una piccola – all’apparenza – torretta di circa trenta metri, che domina il “Ribat” di Sousse. Per raggiungere la sua vetta è necessario avventurarsi in una claustrofobica scala a chiocciola dove l’impazienza dell’arrivo e lo spaesamento più totale si alternano fra loro e ti trascinano, per un istante, in un’altra epoca. Di un’altra epoca è, infatti, la splendida medina della “perla del Sahel” – Sousse – che al suo interno, oltre il Ribat, vanta bellezze e patrimoni artistico-culturali come la Grande Moschea, la Moschea Bou Ftata, la Kasbah e i suoi bastioni. Assume ancor più fascino, blasone e valore dal 1988, anno in cui la Medina diviene ufficialmente patrimonio dell’umanità UNESCO.

La medina di Sousse è infatti una testimonianza eccezionale della civiltà dei primi secoli dell’Egira e rappresenta e riflette, grazie ai suoi diversi elementi e alla sua posizione strategica in relazione al mare, uno dei più audaci esempi di urbanistica arabo-musulmana, nonché il prototipo unico (insieme alla medina di Monastir) dell’architettura costiera militare dei primi secoli dell’Islam. La Medina è stata concepita secondo una pianta regolare con il suo asse meridiano che va da Bab el Kabli al ribat e l’antico porto interno, e il suo asse est-ovest che va da Bab el Jedid a Bab el Gharbi.

Il Ribat (costruito intorno al 775, prima di essere demolito e ricostruito nell’821) è stato simultaneamente un edificio di carattere militare e religioso. Con il suo recinto rettangolare, fiancheggiato da torri e torrette e trafitto da un’unica porta a sud, vanta di un meraviglioso cortile interno che si eleva su due differenti livelli, dai quali – a loro volta – si estendono trentacinque celle e una moschea sul lato sud del primo piano.

Una volta raggiunta la vetta della sua torre, mentre scrutavo l’orizzonte e cercavo – invano – qualche punto di riferimento nella ragnatela di sentieri che compongono la medina, ho preso coscienza e intuito la motivazione di tale duplice funzione. Abitato, originariamente, da monaci guerrieri, il Ribat è stato infatti luogo di difesa e culto del corano al tempo stesso, una sorta di monastero fortificato. La torre, di conseguenza, è stata sia avamposto di avvistamento che minareto religioso. Da qui l’appellativo “torre di fuoco”: si presume infatti che proprio da questa torretta venissero inviati segnali di fuoco come codici comunicativi con altre strutture a vista per segnalare la presenza di eventuali pericoli in arrivo.

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