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Paesi di intervento
di Elisa Ginevra Giacomelli, volontaria di Servizio Civile Universale in Camerun.
“On est toujours chacun chez soi alors qu’on vit ensemble, et que la musique n’a pas de frontières. Alors une fois que tu as dit ça, il faut essayer de prouver qu’effectivement il n’y a pas de frontières, il y a les hommes qui ont des frontières, mais le son, le do, il est le même partout, do-ré-mi-fa-sol ça c’est mondial” diceva Manu Dibango, saxofonista e leggenda della musica camerunese.
La musica in Camerun è onnipresente e scandisce il ritmo della vita; non vi è giorno che passi senza sentire risuonare per strada, in qualche bar, in macchina o in una bottega all’angolo le note di una qualche canzone, ormai divenuta familiare. E poco importa che la canzone sia camerunese, nigeriana o congolese, perché la musica, proprio come scrive Dibango, non segue frontiere.
I testi delle canzoni spesso mischiano il francese al pidgin English o ancora, a parole in lingue locali, rendendone la comprensione più difficile ma anche più affascinante e divertente, perché spesso accompagnata da varie interpretazioni. Il senso generale rimane comunque facilmente intuibile, perché salvo alcune eccezioni, sono quasi sempre canzoni d’amore. I camerunesi spesso conoscono a memoria i testi e amano discutere di quali canzoni siano le più belle o quali gli artisti più bravi, nella stessa maniera in cui si discute di quale birra o squadra calcistica sia la migliore.
La peculiarità è che ovunque ci si trovi – che sia un’affollata discoteca della capitale o un bar di quartiere nella regione dell’Ovest – la musica bene o male resta sempre la stessa: ed è proprio questo ripetersi degli stessi brani e degli stessi ritmi ballabili a centinaia di chilometri di distanza che rende tutto ancora più magico, donando un senso d’appartenenza e contribuendo a unire le tante anime del paese sotto il comune denominatore della musica.
Ed è ancora una volta la musica ad annunciare l’arrivo della tanto attesa saison sèche, nonché la fine della stagione delle pioggie. In piena notte si sente infatti il suono della musica riecheggiare da un punto imprecisato della collina di fronte. Non è un party né una discoteca, anche se potrebbe sembrarlo ma bensì la veglia d’un funerale. Va avanti ormai da giorni (e notti) perché qui i funerali sono avvenimenti di fondamentale valore; e poiché si protraggono per giorni e si tengono all’aperto, la gente aspetta l’arrivo della bella stagione per celebrarli. E così la musica, la stessa che risuona nei piccoli negozi, nei bar e agli angoli delle strade e che mi accompagna ogni momento, scandisce anche il passaggio verso la nuova stagione.
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