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Paesi di intervento
di Laura Coppi, volontaria di Servizio Civile Universale a Cuba.
Indubbiamente la fotografia è il linguaggio della contemporaneità, basti considerare la supremazia di Instagram tra i social network e il continuo sviluppo di tecnologie artificiali capaci di riprodurre immagini. Ne siamo sommersi.
Tuttavia, il valore delle foto pubblicate ogni giorno diminuisce, poiché sono tante, senza pensiero né tecnica né arte, foto che durano 24h come nelle storie, che servono a documentare un fatto appena avvenuto, nella maggior parte dei casi vuoto di significato. La relazione che si instaura tra chi scatta la foto e il soggetto è superficiale, si tratta di foto rubate spesso senza neanche instaurare un contatto.
Tra le tante forme che la fotografia può assumere, indubbiamente la “fotografia sociale” è la più necessaria, privilegiando la relazione con i soggetti, facendosi forza della tecnica esclusivamente per rafforzare il messaggio, evidenziando il contesto specifico. Raccontando l’anima delle persone. La foto è solo l’ultimo ipotetico step di un percorso di reciproca conoscenza.
Questo è quanto ho avuto modo di vivere seguendo le lezioni teoriche di Giulio Di Meo durante lo scambio giovanile Community Click. È stata una grande occasione di crescita personale e un’esperienza emotiva molto forte. Visitare ogni giorno i quartieri popolari de La Habana, cercando di conoscere a fondo le persone che mi circondavano e vivere anche solo come esempio una loro giornata tipo. Il momento che più mi ha commosso, anche se forse un po’ banale, è stato quando abbiamo passato il pomeriggio a giocare baseball con una palla di latta e a figurine con ciò che restava di pacchetti di sigarette. In quell’angolo di strada abbiamo avuto modo di scoprire i sogni e le passioni dei bambini, invitarli frequentare la casa della cultura e forse incuriosirli verso la fotografia.
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