14Novembre2022 Il “Mal di Cuba”

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testimonianza di Chiara Proietti, partecipante al workshop fotografico, “Habana Dentro”.

Parlare di Cuba e del workshop fotografico di Giulio non è una cosa semplice. Perché se un’ esperienza si può descrivere quello che non si può descrivere sono le sensazioni e le emozioni provate che formano minimo il novanta per cento dell’esperienza. Un’esperienza che non si ferma a farti conoscere un posto ma che soprattutto ti dà modo di conoscere le persone del posto, sia quelle che incontri per strada e che magari ti aprono la porta di casa ma anche, e soprattutto, quelli con cui condividi dieci giorni della tua vita e che provano a farti vedere Cuba con i loro occhi. E conoscere con uno scambio culturale un paese come Cuba è assai diverso da quello che ci si aspetta, perché Cuba non sono solo i sigari, il rum e Che Guevara come ci si immagina Cuba è molto altro

Anche se non si può parlare di cosa è Cuba essendoci stati solo per dieci giorni e solo a L’Avana. Posso però parlare di quello che l’incontro con una cultura come quella cubana mi ha lasciato e dei motivi per cui nella vita un solo workshop fotografico con Giulio Di Meo secondo me non basta. Premetto che ero arrivata a Cuba con idee precise e alcune mi sono state smantellate fin dall’inizio, e la prossima volta partirò con un bagaglio culturale diverso. Una delle idee con cui sono arrivata a Cuba e che ho lasciato là era quasi un “Culto della personalità” per Che Guevara legato soprattutto alla mia età e al collegamento mentale “Cuba> Rivoluzione > Che Guevara” e subito mi sono fatta spiegare il motivo per cui non è tanto importante rispetto ad altre figure. 

Prima ho accennato al fatto che Cuba non è solo sigari e rum e gli altri stereotipi che noi occidentali ci portiamo dietro e come, grazie a questa esperienza, ho capito varie cose su una cultura stupenda e su un paese che anche se in ginocchio non china la testa. Girare per Cuba anche durante un periodo di crisi ti fa capire il cuore grande dei cubani pronti ad aprirti gli occhi, il cuore e anche la porta di casa se ci entri in contatto in maniera diversa da quella del turista a cui tutto è dovuto. Perché a Cuba come nel resto del mondo se sai trattare bene e con rispetto le persone senza giudizi la gente è più propensa a raccontarti chi è. Ovviamente, come nel resto del mondo, c’è differenza fra la Cuba vera e la Cuba turistica dove se non si sta attenti si può incappare in persone che solo perchè sei turista vogliono provare a spillarti più soldi di quanto chiederebbero ad un cubano: l’ho provato sulla mia pelle all’Avana Vieja turistica e i cubani del workshop sono venuti in mio aiuto. Non racconto quest’ultima parte per dire che Cuba è maligna ma semplicemente per fare un esempio fra la parte turistica e la parte più vera quella dove, credo, ognuno di noi italiani ha il suo ricordo più intenso. Non mi stuferò mai di dire che L’Avana è stupenda e scoprirla con questo workshop a fianco a persone incantevoli l’ha resa ancora più speciale e mi ha permesso di conoscere una Cuba non convenzionale, una Cuba fatta di Case della Cultura

Tra i momenti più belli, ricordo che un giorno, mentre aspettavamo di pranzare, abbiamo assistito ad uno spettacolo di danza Afrocubana ed io e Adriana Persia siamo state scelte a caso fra il pubblico e “obbligate” a ballare, oppure di quando le santeras ci hanno aperto la porta di casa e nel frattempo che bevevamo insieme un caffè ci hanno incaricato di fare un rito per il futuro. L’Avana è questo e molto molto di più e non per caso è entrata DENTRO i nostri cuori e Cuba ci richiama di già.

Nel mondo si parla quasi sempre di Mal d’Africa ma si dovrebbe parlare di Mal di Cuba.

 

foto di Chiara Proietti

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