di Laura Coppi, volontaria di Servizio Civile Universale a Cuba.
Il nostro occhio è come una macchina che attraverso le diverse frequenze della luce interpreta la realtà che ci circonda secondo i nostri parametri. Lo stesso fa il cellulare, attraverso la fotocamera. Uno strumento costruito in modo tale da poter elaborare le immagini che costruiscono la nostra realtà. É un filtro molto stretto che corrisponde ad un linguaggio di programmazione preciso. Non esiste ambiguità.
Questo influenza la nostra vita quotidiana, dove tramite i social network, partecipiamo al mondo se le “macchine” sono in grado processare i nostri dati e anticiparci tramite un algoritmo. E non solo. Orienta anche la progettazione delle moderne “smart cities”, realizzate in maniera tale che gli edifici fisici corrispondano ad una funzione e abbiano una propria identità visiva per cui non possono confondersi.
I nostri centri storici sono ormai pieni di attrazioni turistiche temporanee e inadatte alla vita di tutti i giorni, ai bisogni della quotidianità.
Queste sono state alcune delle suggestioni emerse durante le conferenze del Prof. Enrico Parisio, a L’Avana, per introdurre il concetto di rigenerazione urbana.
Occupare uno spazio, convivere, condividere. Le persone che vivono un territorio ne rappresentano la sua più profonda identità e ricchezza, grazie a tutte le loro sfaccettature. Una città non è bella solo per i suoi edifici o per gli efficienti mezzi di trasporto, né per ricchezza procapite o offerta di lavoro. Una città è bella quando riflette un sogno.
È proprio il professore a sottolinearlo, “senza utopia non esiste la città”. La maestosità delle città antiche deriva dalla concezione con cui venivano costruite, i loro costumi e sogni. Arrivare agli dèi e rispettare i morti.
Le città ci superano, sopravvivono, sono immortali tanto da creare stupore e senso di magnificenza anche quando abbandonante o i ridotte a resti archeologici. Occupiamo la terra per poco tempo e l’organizzazione dello spazio condiviso rispecchia le aspirazioni della società che vive quel territorio, una comunità che costruisce e restituisce. Questa è l’unica via che hanno gli uomini per superare la loro condizione mortale. Realizzare qualcosa che sia eterno.
Condividere. Non basta abbellire la facciata o riempire le città di locali e negozi di grandi marchi e catene. Bisogna, condividere gli spazi, per ritrovare una dimensione di incontro. Questo accade con la partecipazione attiva di chi vive la città.