21Novembre2022 In Senegal sono finiti i polli

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Nei mercati di Dakar, da metà ottobre, non si trova più pollo. Eccetto in forme congelate o inserite in piatti pronti, è difficilissimo reperire il prodotto nelle macellerie e nei reparti dedicati. Nelle regioni del Paese, tramite le parole dei colleghi, le risposte sono pressoché le stesse: “il n’y a pas depuis”, “compliqué à trouver”. Le poche unità a disposizione sul mercato, hanno raggiunto prezzi altissimi: dai 3500 ai 5000 FCFA (circa 5-7 euro) è il prezzo pagato per un pollo di circa 1,5/2 kg di peso. La cifra assume ancora più valore se si pensa allo stipendio medio, di circa 140 euro. Non si trovano statistiche in merito ma parlando con colleghi e conoscenti, si dice che lo scorso anno si pagava circa 2500/3000 FCFA.

In Senegal il pollo è un prodotto alquanto richiesto, in quanto protagonista proteico, insieme al pesce, di alcuni dei piatti tipici più apprezzati. Secondo i dati della FAO, la produzione di carne di pollo in Senegal è quasi quadruplicata dal 2005 per raggiungere le 114.200 tonnellate nel 2019. Questo tonnellaggio include sia la produzione casalinga che quella industriale. Quest’ultima è aumentata di otto volte tra il 2005 e il 2018, quando rappresentava circa l’80% della produzione totale di carne di pollo. La quasi totalità della produzione è destinata al mercato interno, marginali sono le esportazioni verso i paesi limitrofi.

La maggior parte degli allevamenti senegalesi sono di modeste dimensioni (circa 1.000 capi per ciclo produttivo di 45 giorni), ma esistono anche alcune grandi unità (più di 10.000 capi) con una propria macellazione. Fattore determinante di questo successo è stata, dal 24 ottobre 2005, la sospensione da parte delle autorità pubbliche delle importazioni di prodotti avicoli in Senegal, motivata dal rischio di contaminazione degli allevamenti del Paese da parte dell’influenza aviaria. Nonostante questi numeri, la produzione avicola senegalese ha sofferto molto per la crisi del Covid-19. Le misure di emergenza adottate dal governo hanno ridotto l’impatto della crisi sanitaria sul settore avicolo ma la chiusura di alberghi, ristoranti e mercati, nonché il divieto di circolazione inter-regionale, hanno avuto effetti drastici su tutti i segmenti del settore.

Allevamento avicolo del progetto finanziato dal fondo PCM – 8×1000.

Foto di un controllo nell’allevamento avicolo, da parte dell’assistente veterinario.

Secondo una valutazione preliminare, nel 2020 il fatturato della carne di pollame è diminuito di circa il 25%. Più di recente, anche la guerra in Ucraina ha fortemente indebolito il settore, causando un aumento generalizzato del prezzo dei mangimi del 15%. Questo è stato un colpo di grazia per le imprese avicole, in gran parte informali, che hanno preferito fermare la produzione in attesa di tempi favorevoli.

La domanda in questi mesi è rimasta la stessa ma l’offerta, per le ragioni descritte, si è drasticamente ridotta. Le potenzialità della filiera sono state promosse da ARCS attraverso due interventi, finanziati dalla Presidenza dei Consiglio, fondo 8×1000. In particolare, proprio in questi giorni, l’allevamento di 600 unità sta dando i suoi frutti, seguito dai Gruppi di Promozione Femminile di Boulal, nel quadro del Progetto PROMO.SEN / II fase.

E’ una sfida interessante in quanto stiamo capendo in che modo far fronte ai prezzi dell’alimento nutritivo, anche se, la forte richiesta e l’accompagnamento strutturale iniziale, fanno ben sperare rispetto alla sostenibilità dell’iniziativa. Con l’augurio che tra qualche mese, nella regione di Louga, una risposta certa su dove trovare i polli ci sia.

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