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Paesi di intervento
di Nura Alawia, volontaria di Servizio Civile Universale in Libano
Sono già trascorse due settimane dall’evento dedicato alla conclusione del progetto di DROIT tenutosi a Beit Beirut. Il palazzo di Beit Beirut, ora adibito a museo e centro culturale urbano, è un complesso in pietra, piuttosto decadente e visibilmente crivellato, che simboleggia la memoria collettiva di cicatrici dolorose e profonde della guerra civile, perché collocato nella green line: la striscia di strada, che, durante la guerra civile, ha diviso Beirut est da Beirut ovest. E’ in un simile luogo che si è svolto l’evento di cui sopra. Il progetto di DROIT è durato un periodo di tre anni, e i risultati raggiunti, comunicati in corso d’opera, sono stati positivi, malgrado le problematicità strutturali e sistemiche che accompagnano il Libano in ogni aspetto. L’evento, organizzato da ARCS, ha rappresentato la punta di un icerbeg che appunto perdura da svariato tempo. Gli ospiti, provenienti da background professionali diversificati e a volte in contraddizione fra loro, si sono riversati nell’ampia e scoperchiata Beit Beirut.
In particolare, il progetto ha mirato a supportare il potenziamento dei servizi offerti in due penitenziari libanesi, collocati a Beirut: Roumieh e Barbar el Khazen, e nel centro di accoglienza di Rabieh, per migliorarne le condizioni generali di detenzione e per sostenere i processi di riabilitazione e di reintegrazione sociale delle persone detenute tramite l’incoraggiamento verso un cambiamento di prospettiva del sistema penitenziario libanese finalizzato a trasformare la funzione punitiva in una dimensione rieducativa. Mediante la supervisione e il coordinamento di ARCS, senza scendere nelle minuzie del progetto, sono stati svolti, nell’arco di tre anni: servizi di supporto psicologico all’interno delle prigioni; così come vocational trainings; servizi di supporto alle famiglie per favorire la riconciliazione familiare; seminari e tavole rotonde tenute da attori e attrici della società civile italiana; creazione della task force, la quale tuttora si incontra regolarmente, i cui componenti sono la società civile ma anche le istituzioni libanesi.
Personalmente, ho partecipato a numerosi incontri della task force dal primo mese in cui sono arrivata in Libano come servizio civilista. Le riunioni sono state, per me, interessanti, proficue, divertenti da un certo punto di vista, ma soprattutto significative per ciò che riguarderà il futuro del sistema detentivo libanese. Pertanto credo , e spero, che l’evento finale del progetto di DROIT, possa aprire le porte a un avvenire teso al coinvolgimento e all’interessamento dei diritti umani e della giustizia, di cui anche le persone detenute devono godere.
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