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Paesi di intervento
di Marco Boriglione, volontario di Servizio Civile Universale a Cuba
Un paio di mesi fa sono andato a sentire la presentazione di un album di musica realizzato da un giovane rapper emergente cubano. Sono rimasto molto colpito dallo stile e dalle tematiche toccate, ma di questo parlerò in un altro momento, dedicandogli la giusta importanza dato che il fenomeno della diffusione della musica hip hop e trap a Cuba è un tema che sto approfondendo molto in questo mio soggiorno. Si, perché oltre ad essere un grande appassionato del genere, esplorarlo mi ha permesso di conoscere da vicino un sacco di persone e di luoghi che compongono l’universo metropolitano de La Havana. Così da osservare la presenza di subculture, cercando però di capire se effettivamente possono essere ritenute tali.
In ogni caso quel concerto avvenne in un luogo molto particolare. Centro Havana è un quartiere estremamente popolato e popolare nonostante si trovi in mezzo tra la più “turistica” Havana Vecchia ed il più “residenziale” Vedado. In Centro Havana i palazzi sembrano essere un numero maggiore di quanto non siano realmente, perché sono molto vicini tra loro e perché i loro cancelli aperti lasciano intendere la presenza di molti altri spazi all’interno. Insomma ti circondano costantemente con le loro forme e i loro colori che si alternano in modo apparentemente caotico ed ingombrante.
Alcuni di questi edifici sono stati sistemati nelle terrazze e nei tetti in modo tale da poter ospitare piccoli eventi. Ecco dunque che si entra e viaggiando tra rampe di scale, patii e corridoi interni, ad un certo punto si apre il cielo.
Il concerto di cui sopra è avvenuto proprio in uno di questi condomini, dove tramite un lungo lavoro, i propri abitanti hanno strutturato un centro culturale in grado di offrire musica, documentari, prodotti audiovisivi e piccole autoproduzioni.
Dopo il Covid-19 la ripartenza è stata estremamente complicata (alcuni luoghi della città tutt’ora non hanno riaperto come prima) però adesso presso questo spazio le attività sono riprese.
Ci sono tornato dopo due mesi da quel concerto perché ieri c’era la presentazione di un documentario su una società religiosa segreta che si è sviluppata a Cuba a partire dal 1820 quando alcune persone si unirono in un raggruppamento mutualistico a sfondo religioso (con influenze provenienti dalle culture africane) come mezzo per sottrarsi alle vessazioni e alle azioni repressive. Tutt’oggi si tratta di comunità che, seppur con qualche elemento nuovo, esistono all’interno della società cubana.
Che dire… la visione del lavoro ed il successivo dibattito, effettuato con la rigida ma scanzonata formalità che contraddistingue gli eventi di questo Paese, mi hanno aperto un’ulteriore porta mostrandomi un fenomeno peculiare, interessante e ben radicato di cui assolutamente non ne avevo avuto ancora la minima notizia. Ora c’è da approfondire, prima di tornare al prossimo concerto rap.
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