07Febbraio2023 Per non perdere la bussola

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di Cloé Gosparo, volontaria di Servizio Civile Universale in Tunisia

Sul tetto di un ex-convento, una mattina di sabato, ammiro Tunisi che si risveglia. Il sole illumina le cupole bianche del mausoleo di Sidi Mehrez che mi aiuta a non perdere la bussola.

Ormai sono in Tunisia da sei mesi ma sento di avere molto da scoprire ancora. Il mausoleo in lontananza e le donne vestite con il loro velo bianco tradizionale safseri mi rapiscono e mi attirano verso l’esterno.

Faccio un giro nell’antico convento per curiosità, ci abita un mio amico che ha deciso di convertire l’edificio in una residenza per artisti in cui l’arte è libera di esprimersi. Apro la porta e finisco in un piccolo orticello, i gatti mi seguono e mi guardo attorno, mi immagino come poteva essere la vita in un convento in Tunisia. Esco nelle stradine tortuose e piombo nel cuore di Bab Souika (porta del mercatino), oggi un quartiere pittoresco di Tunisi, già un’antica porta della medina. La porta non esiste più ma in compenso nel quartiere residenziale è un piacere perdersi. Le strade sono autoctone, non incontro turisti e mi fondo con i locali. Mi piace diventare un tutt’uno con i tunisini e quasi nascondermi per osservare come si comportano, come si vestono, cosa cucinano e cosa mangiano senza che loro si accorgano di me.

Un minareto che spicca chiama alla preghiera e mi fa sobbalzare, m’incammino per una via lunghissima che inizia con un mercato di frutta e verdura. Sono questi i “mercatini” di Bab Souika. Dalla frutta alla verdura, sento odori di spezie e poi carne, molta carne. C’è una sezione con zampe di montone e di mucca e carne di qualsiasi aspetto. Sono in un mercato che non c’entra con la medina, è un mercato tradizionale in centro città ma nascosto.

Uno scorcio alla mia sinistra mi invita a salire tre scalini, arrivo finalmente al mausoleo di Sidi Mehrez. I sidi in Tunisia sono benefattori che vengono adorati indipendentemente dal culto islamico. Nel mausoleo mi copro il capo e mi tolgo le scarpe, tutto è decorato con arabeschi e stucchi, trovo la tomba del sidi tutta ornata di drappi colorati e scritte coraniche.

Si racconta che attorno al XX secolo d.C. Sidi Mehrez abbia chiesto al sultano dell’epoca di concedere un quartiere agli ebrei all’interno delle mura di tutte le città più importanti della Tunisia. La richiesta dopo varie vicende fu esaudita con alcune restrizioni. Nel quartiere ebraico venivano accettate solo quattro famiglie e ognuna aveva diritto a comprare solo un uovo al giorno. In totale, ciascun quartiere ebraico, chiamato “hara”, aveva quindi a disposizione quattro uova. Tuttora, “hara” da questa leggenda ha ottenuto anche il significato di quattro uova, se le devi comprare ti basterà dire “hara” e qualsiasi tunisino capirà cosa desideri acquistare. Si possono trovare ancora delle rovine di questi quartieri in varie città tunisine e quando ne visito una nuova cerco sempre di scovare qualche dettaglio.

È riduttivo dire che la Tunisia pullula di contaminazioni storiche. Ogni giorno non vedo l’ora di scoprire nuovi segreti e fondermi con la storia e il popolo di questo paese.

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