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Paesi di intervento
di Eric Pinlap, collaboratore di ARCS in Camerun
Da diversi anni il Camerun sta vivendo un aumento dei prezzi dei beni di prima necessità che ha ridotto notevolmente il potere d’acquisto delle famiglie: i dati pubblicati dall’Istituto nazionale di statistica il 27 luglio 2021 sull’evoluzione dei prezzi dei consumi finali confermano questo andamento, soprattutto nelle città di Douala e Yaoundé.
Si tratta in particolare di prodotti importati dall’estero: il riso, che rappresenta il 6% della spesa per le importazioni nel 2019, ossia poco più di 231 miliardi di franchi CFA; seguito dal grano, che rappresenta il 3,7% della spesa, ossia poco più di 142 miliardi di franchi CFA (fonte: Investir au Cameroun, lunedì 7 settembre 2020); il pesce, che rappresenta il 2,9% della spesa per le importazioni nel 2017, ossia poco più di 114 miliardi di franchi CFA (fonte: businessfrance.fr).
Il Camerun dipende quindi in larga misura dall’estero per nutrire la sua popolazione, che cresce a ritmi sostenuti (2,4% all’anno) e il cui fabbisogno alimentare aumenta in modo esponenziale (la domanda di riso, ad esempio, stimata in circa 375.000 tonnellate nel 2006, è arrivata oggi a circa 950.000 tonnellate). Le principali ragioni addotte per spiegare l’aumento dei prezzi sono quindi inevitabilmente collegate a scenari internazionali: la pandemia di Covid-19 (che ha interrotto la produzione e rafforzato la competizione tra gli Stati per le scorte), l’aumento del prezzo dei noli marittimi e la guerra in Ucraina.
L’unico modo per invertire questa tendenza è promuovere la produzione nazionale attraverso incentivi nei settori chiave dell’agricoltura e dell’agroindustria. Tutti ricordiamo le cosiddette “rivolte della fame” del 2008: in quel caso lo Stato decise di abbassare i dazi doganali sui prodotti importati, provocando l’aumento esponenziale delle nostre importazioni e quindi un deficit strutturale della bilancia commerciale. Oggi dobbiamo scegliere di concentrare la nostra strategia sull’aumento della produzione interna che permetterà di creare posti di lavoro, ridurre la nostra dipendenza dall’esterno e rafforzare la nostra sovranità, evitandoci di essere esposti ancora di più alle politiche del FMI, dal quale abbiamo appena ottenuto un finanziamento di poco più di 375 miliardi di franchi CFA nell’ambito di un programma triennale.
Questa situazione di crisi è un’opportunità per lo Stato del Camerun per cambiare paradigma e di orientarsi con decisione verso lo stimolo della produzione nazionale, una soluzione a lungo termine per porre fine alle tensioni sui mercati camerunesi che favoriscono speculazioni di ogni tipo a scapito della popolazione. Una decisione, peraltro, in linea con la Strategia di Sviluppo Nazionale 2023 (NDS30), che fa della diminuzione delle importazioni uno dei suoi assi principali.
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