12Ottobre2023 Il diritto al cibo in Tunisia

Condividi

di Alberico R., volontario in Tunisia nell’ambito del Servizio Civile Universale

Il diritto al cibo è un diritto umano fondamentale riconosciuto a livello internazionale. Garantire questo diritto rappresenta una delle maggiori sfide che la Tunisia sta affrontando in questo momento di crisi economica e sociale.

Ma cosa si intende con diritto al cibo? L’articolo 11 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) riconosce “il diritto di ogni individuo a un livello di vita adeguato per sé e per la sua famiglia, che includa alimentazione, vestiario, e alloggio adeguati, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita” (Articolo 11, § 1) così come “il diritto fondamentale di ogni individuo alla libertà dalla fame” (Articolo 11, § 2). Negli anni il concetto si è ampliato sia in ambito giuridico sia nel dibattito pubblico. Si è infatti introdotta l’idea di diritto alla sicurezza alimentare che intende garantire, a livello individuale, l’accesso fisico ed economico al cibo di cui le persone hanno bisogno per una vita attiva e sana (FAO, 1983) e, a livello nazionale, la capacità produttiva per soddisfare il fabbisogno alimentare del paese. Sempre in connessione all’idea di diritto al cibo è stato poi introdotto il concetto di sovranità alimentare: “il diritto dei popoli a un’alimentazione sana e culturalmente appropriata, prodotta con metodi ecologicamente sani e sostenibili e il diritto di definire i propri sistemi agricoli e alimentari“[1]. 

È facile immaginare come il riscaldamento globale e la devastazione climatica, la pandemia COVID 19, la guerra in Ucraina, abbiano avuto un impatto molto negativo sul diritto al cibo in un paese già in difficoltà dopo la rivoluzione del 2011. 

Dalla primavera di quest’anno aleggia sul paese “lo spettro della crisi alimentare” [2] ed è comune vedere davanti ai panettieri lunghe file di persone in attesa che venga sfornato il pane, prodotto in alcuni casi sovvenzionato dallo Stato. La Tunisia è stata a lungo importatrice di una grossa percentuale di cereali per far fronte al suo fabbisogno alimentare e quest’anno, secondo l’Union tunisienne de l’Agriculture et de la Pêche (UTAP), tale cifra, per alcuni cereali, potrebbe essere addirittura del 100% [3]. La grave siccità causata dal riscaldamento climatico infatti ha portato a un dimezzamento della produzione di grano e un abbassamento della qualità del raccolto. La volatilità dei prezzi causata dalla guerra in Ucraina, poi, ha reso la situazione ancora più difficile considerando che già nel “2022, la spesa per le sovvenzioni dei beni di prima necessità si aggirava intorno ai 2 miliardi di euro, pari a circa il 6% del PIL” [4]. Una situazione che va ad aggiungersi alle altre difficoltà economiche rappresentando una chiara violazione del diritto al cibo come prima definito. 

L’instabilità politica a seguito della rivoluzione ha comportato l’assenza di interventi strutturali da parte del governo in molti campi, fra cui l’agricoltura e le politiche legate all’alimentazione. Le ONG e i progetti di cooperazione internazionale sono quindi diventati fondamentali nel sostenere diversi settori in difficoltà. ARCS Tunisia, ad esempio, con il progetto SELMA ha favorito la creazione di un polo di diffusione di formazione e produzione agro-ecologico nel governatorato di Ben Arous, interessato da un processo di rapida urbanizzazione, a sfavore di una delle zone agricole più fertili e produttive del paese. Il progetto, in particolare, si è posto l’obbiettivo di diffondere i principi dell’agro-ecologia, caratterizzata da un minore impatto sul suolo, sul consumo idrico e sulla salute della persone, in tutto il territorio, creando resilienza rispetto al rapido processo di urbanizzazione sia formale che informale. Questo intervento è stata anche l’occasione per selezionare una varietà di semi locali che meglio si adattassero al clima tunisino, garantendo maggiore capacità di resistere ai parassiti e di tollerare la siccità. 

Progetti come SELMA hanno avuto un ruolo importante nel contrasto al cambiamento climatico e nell’introduzione di pratiche sostenibili in agricoltura. Ma si tratta comunque di interventi limitati nel tempo e dipendenti da finanziamenti internazionali. È evidente che per garantire il diritto al cibo in Tunisia ci sia bisogno di ampi cambiamenti strutturali nonostante le difficoltà politiche, economiche e sociali del momento. Come ricorda Ibrahima Coulibaly, “Non c’è sovranità alimentare senza agroecologia. E certamente, l’agroecologia non durerà senza una politica di sovranità alimentare che la sostenga” [5] . 

 

[1] La souveraineté alimentaire telle que définie par la Déclaration de Nyéléni* (lors du Forum pour la Souveraineté Alimentaire tenu à Sélingué, Mali 23 – 27 février 2007)
[2] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/tunisia-il-pane-e-i-gelsomini-35082
[3] https://www.tunisienumerique.com/utap-la-tunisie-sera-contrainte-dimporter-100-de-ses-besoins-en-cereales/
[4] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/tunisia-il-pane-e-i-gelsomini-35082
[5] Ibrahima Coulibaly, Coordination Nationale des Organisations Paysannes du Mali in Colin, A., Pimbert, M., Kiss, C. (2015). Building, defending and strengthening agroecology – a global struggle for food sovereignty, ILEIA/CAWR.

paesi d'intervento

11

Paesi di intervento

progetti

250

Progetti

operatori locali

500

Operatori locali

Iscriviti alla newsletter

Come usiamo i fondi

8%Alla struttura

92%Ai Progetti