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ARCS e ARCI insieme all’organizzazione locale Basmeh & Zeitooneh hanno dato vita a un progetto per favorire l’empowerment sociale ed economico delle categorie più vulnerabili di Naba’a – bambini, giovani e donne – attraverso l’apertura di un Community Center in grado di offrire servizi integrati. L’intervento dei volontari dei corpi civili di pace si inseriva in tale cornice socio-culturale ed economica con l’obiettivo di sperimentare una nuova modalità di azione nei conflitti sociali locali.
4 volontarie italiane al di sotto dei 29 anni, formate sui temi di cittadinanza attiva, servizio civile, cooperazione e solidarietà internazionale, risoluzione non violenta dei conflitti e degli interventi civili di pace. Beneficiari indiretti sono stati i partner e le comunità locali coinvolti.
ARCS e ARCI insieme all’organizzazione locale Basmeh & Zeitooneh hanno dato vita a un progetto per favorire l’empowerment sociale ed economico delle categorie più vulnerabili di Naba’a – bambini, giovani e donne – attraverso l’apertura di un Community Center in grado di offrire servizi integrati. L’intervento dei volontari dei corpi civili di pace si inseriva in tale cornice socio-culturale ed economica con l’obiettivo di sperimentare una nuova modalità di azione nei conflitti sociali locali. Le attività del progetto hanno interessato l’area di Beirut e del Monte Libano, che rappresenta la seconda località per numero di profughi dopo la valle della Bekaa.
L’ingente flusso di rifugiati ha avuto un impatto significativo sui 2 milioni di libanesi e 59.000 rifugiati palestinesi che già vivevano nell’area prima della crisi – in particolare nelle zone suburbane di Beirut – in condizioni di vulnerabilità e povertà. Tra queste aree figura Bourj Hammoud, quartiere a nord-est della capitale. Uno dei suoi 7 principali distretti è Naba’a, area storicamente musulmana sciita e cristiana armena. Dalla fine della guerra del ‘90, migranti asiatici e africani sono arrivati nel quartiere per lavorare nelle fabbriche di manufatti e nei laboratori artigianali e Naba’a è divenuta un melting pot culturale, religioso e politico. Con l’aumento della popolazione e l’arrivo di 16.000 rifugiati dalla Siria, sono aumentate emarginazione sociale e forti tensioni. I minori non hanno accesso facilitato all’istruzione principalmente per questioni finanziarie. La mancanza di servizi non incoraggia ad avere attenzione alla salute in generale e a quella riproduttiva in particolare. La violenza di genere (GBV) è largamente diffusa. Molto alto è il tasso di disoccupazione, in particolare tra i giovani rifugiati. Nelle aree più marginali il rischio di radicalizzazione è molto forte, aggravato dalla crescente spaccatura tra sciiti-sunniti del Libano e e dalla rivolta contro il governo armato nella vicina Siria.
L’obiettivo dell’intervento era quello di contribuire a formare individui e comunità maggiormente resilienti perché potessero, tramite risorse endogene, trasformare le proprie condizioni economiche (disoccupazione e povertà, mancanza di opportunità e di prospettive) e sociali (emarginazione e isolamento, assenza o restrizione alla libertà di espressione e alla libertà di movimento) e ricomporre il tessuto sociale e politico libanese.
In tempi in cui l’isolamento sociale continua ad essere la normalità, ARCS continua il suo impegno in Italia in progetti di cittadinanza attiva e globale
di Giulia Gerosa – “La Beirut che avete conosciuto qualche mese fa non esiste più, scordatevela”. Diverse persone, colleghi o amici, ci hanno presentato così la città dove siamo approdati solo pochi mesi fa, a febbraio, e che abbiamo lasciato subito a marzo a causa del dilagare della pandemia.
Padre Najib Baklini, presidente di AJEM, partner di ARCS nell’ambito del progetto DROIT, ha rilasciato ieri un’intervista telefonica alla radio Voice of Lebanon (Sawt al Lubnan) sulla situazione delle carceri libanesi.
La situazione è delicata in tutto il Paese, soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione
Nell’ambito del progetto Pinocchi abbiamo organizzato insieme a Guide Invisibili due passeggiate sonore nei quartieri Trastevere e Monti, a Roma.
Al momento asintomatici, sono stati trasferiti in quarantena nel braccio C del penitenziario, in modo da evitare la diffusione nella struttura. Rimane il mistero su come possano essere stati contagiati: al momento hanno contatti soltanto con le guardie penitenziarie e, in maniera sicura, con gli operatori del progetto DROIT
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