
11
Paesi di intervento
Il progetto nasceva con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita di donne e bambini vulnerabili nelle aree urbane di Beirut, promuovendo processi d’inclusione sociale e l’accesso a servizi sanitari attraverso la creazione di un Centro Comunitario all’interno di una comunità svantaggiata dove convivono fasce vulnerabili della popolazione libanese e un’importante comunità di rifugiati siriani. Il Centro, come sottolineato dalle donne e dai bambini incontrati, osservati e intervistati, viene percepito dalla comunità rifugiata come un luogo amico e sicuro, dove donne e bambini possono socializzare, svolgendo attività utili, e ricevere supporto e consulenze di tipo sanitario, legale e psicologico.
Il numero di beneficiari diretti del Centro Comunitario è stato stimato intorno alle 2.213 persone (numero di utenti registrati nel Centro), di cui 1.086 bambini, 1.012 donne e 111 uomini. Il numero di beneficiari indiretti (utenti non registrati, famiglie dei beneficiari, individui che hanno partecipato agli eventi comunitari organizzati quali feste di quartiere, inaugurazioni e cucine collettive) è stimato intorno alle 4.000 persone.
Il Centro è oggi un punto di riferimento importante per donne e bambini che vi si recano anche più volte alla settimana. In media, si registra un’utenza giornaliera che va dalle 80 alle 120 persone, di cui circa il 50% bambini/e e adolescenti, il 40% donne e il 10% uomini.
Il progetto è nato con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita di donne e bambini vulnerabili nelle aree urbane di Beirut, promuovendo l’inclusione sociale e l’accesso ai servizi sanitari attraverso la creazione di un Centro Comunitario. Il Centro è stato creato insieme al partner locale del progetto, la ONG libanese B&Z, fondata nel 2012 da giovani siriani e libanesi per far fronte all’emergenza dei rifugiati siriani in Libano.
Il progetto è stato realizzato con un approccio integrato attraverso corsi di formazione e servizi per la salute, affiancati da sostegno psicosociale e legale. Nel Centro Comunitario sono stati così organizzati corsi di alfabetizzazione, di lingua inglese, di informatica e life skills. È stato creato un laboratorio tessile-artigianale che unito all’erogazione di cicli di formazione professionale intendeva incoraggiare l’imprenditorialità delle donne. Per i bambini oltre alla creazione di uno spazio-asilo sono state organizzate attività ricreative, culturali e di peace education, corsi di recupero e di supporto scolastico per alunni e studenti vulnerabili. Donne e minori hanno avuto accesso a supporto sia di gruppo sia individuale e a consulenze psicosociali. Nel Centro è stato organizzato un Information Hub (IH) dedicato ad attività di informazione, sensibilizzazione e assistenza nei settori della Salute Riproduttiva e Sessuale (SSR) e della Gender Based violence (GBV). L’IH ha fornito consulenze legali e supporto psicologico a donne e bambini. Al suo interno sono state organizzate attività di sensibilizzazione sui temi dell’igiene, della salute e della prevenzione della violenza di genere.
Questo luogo, come sottolineato dalle donne e dai bambini incontrati, osservati e intervistati, viene percepito dalla comunità rifugiata come un luogo amico e sicuro, dove donne e bambini possono socializzare, svolgendo attività utili, e ricevere supporto e consulenze di tipo sanitario, legale e psicologico.
di Giulia Gerosa – “La Beirut che avete conosciuto qualche mese fa non esiste più, scordatevela”. Diverse persone, colleghi o amici, ci hanno presentato così la città dove siamo approdati solo pochi mesi fa, a febbraio, e che abbiamo lasciato subito a marzo a causa del dilagare della pandemia.
Padre Najib Baklini, presidente di AJEM, partner di ARCS nell’ambito del progetto DROIT, ha rilasciato ieri un’intervista telefonica alla radio Voice of Lebanon (Sawt al Lubnan) sulla situazione delle carceri libanesi.
La situazione è delicata in tutto il Paese, soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione
Al momento asintomatici, sono stati trasferiti in quarantena nel braccio C del penitenziario, in modo da evitare la diffusione nella struttura. Rimane il mistero su come possano essere stati contagiati: al momento hanno contatti soltanto con le guardie penitenziarie e, in maniera sicura, con gli operatori del progetto DROIT
di Alice Bodo – Tre settimane fa, circa 30 donne keynote hanno iniziato a protestare davanti al Consolato del Kenya, a Badaro, quartiere di Beirut popolare per i suoi bar e ristoranti alla moda. La richiesta è quella di essere rimpatriate. La manifestazione si è trasformata poco dopo in un sit-in, che, nonostante i diversi tentativi, ad oggi non è ancora stato smantellato.
di Alice Bodo – La Nation Station, o più brevemente “Station”, è una stazione di servizio abbandonata a Geitawi trasformata in un punto di raccolta e centro di distribuzione diretta di pasti pronti, cibo fresco, acqua e beni di prima necessità, a cui ad oggi si rivolgono una media di mille persone al giorno
Paesi di intervento
Progetti
Operatori locali